Banche: al via gli adc. Gli italiani si faranno fregare ancora?
Una nuova recessione è alle porte, ma cosa accade sui mercati finanziari?
Le Borse volano, soprattutto quelle dei Paesi periferici come Spagna e Italia, il mercato è impazzito?
Forse, dopotutto, nel 2000 qualcuno comprava Tiscali per 100 euro (oggi ne vale 0,077), stavolta è il settore bancario che sta per esplodere eppure sembra che tutti vogliano acquistare azioni di questo comparto.
Gli analisti hanno sempre più difficoltà a spiegare perché se Banca Intesa annuncia una perdita di bilancio di oltre 4,5 miliardi di euro il titolo guadagna in Borsa quasi il 4% ed ancora di più perché alla vigilia di un’operazione di aumento di capitale per 1,5 miliardi di euro Banco Popolare guadagni quasi il 7%.
Gli investitori hanno una smania irrefrenabile per andare a dare i loro soldi al Banco Popolare ed alle altre Banche che nei prossimi due mesi chiederanno in totale 8 miliardi di euro al mercato?
Si fa un aumento di capitale essenzialmente per due motivi: se si vuole acquisire qualche società concorrente o espandersi in nuovi settori (e non è proprio il caso delle Banche italiane), oppure se occorre ripianare perdite ed è quindi necessario ricapitalizzare la società (ed è proprio questo il caso delle nostre Banche).
Ed allora perché se in passato il nostro settore bancario non ha dato prova di gestire il rischio con oculatezza oggi tutti corrono per dare ancora soldi agli scialacquatori?
Ebbene, non è così!
La verità è molto meno poetica, sotto c’è il solito trappolone.
Allora, quando si organizza un aumento di capitale (non dimentichiamo che ha pure un costo), occorre fornire agli azionisti la certezza che l’operazione andrà in porto, quindi deve essere presentato un Consorzio di garanzia, formato da altre Banche, che si impegnano ad acquistare eventuali quote azionarie non sottoscritte dal pubblico.
Naturalmente però queste Banche “garanti” decantano la convenienza dell’operazione, ma non hanno nessuna intenzione di comprarsele loro queste nuove azioni ed allora, prima costruiscono l’operazione in maniera tale che i vecchi azionisti siano praticamente obbligati ad aderire pena una forte perdita, poi, sapendo che fisiologicamente qualcuno comunque non aderirà cercano di trovare altri pesci che entrino nella rete. Per questo nei giorni precedenti si fanno salire i titoli, per far credere che ci siano molte persone interessate ad entrare nell’affare (che affarone un aumento di capitale!).
Ed ecco così spiegato il trappolone.
Le Banche italiane non si rivolgono al mercato così per passatempo, ma ne sono praticamente obbligate per soddisfare gli standard imposti dalla Bce.
Per quanto riguarda Banco Popolare, poi, essendo il primo Istituto che si rivolge ai risparmiatori per la ricapitalizzazione, diventa una specie di modello da seguire e se dovesse paventare una qualche difficoltà a reperire i fondi necessari non sarebbe un dramma solo per sé, ma per l’intero comparto.
Ed ecco allora spiegata anche la specificità di Banco Popolare che ha concluso le contrattazioni a quota 18 euro tondi tondi (sarà anche un caso), un valore che non toccava dal maggio 2011, ossia quasi tre anni.
Quante lacrime (e sangue) è stato versato dai risparmiatori italiani che negli scorsi anni hanno investito nel comparto bancario?
Siamo sicuri che questo sarà il fondo e il punto dal quale ripartire?
Io qualche dubbio l’avrei, ed ho preferito esprimerlo per tempo.
Giancarlo Marcotti Per Finanza In Chiaro