Aumento di capitale Monte dei Paschi di Siena: ecco le previsioni
Terminata la prima settimana di aumento di capitale per Banca Monte dei Paschi di Siena, se non un bilancio è tempo di fare il punto della situazione. Innanzitutto le polemiche.
Per i primi due giorni le azioni non sono entrate in contrattazione guadagnando al fixing, in entrambe le sedute, circa il 20%, potremmo quindi dire che le paventate azioni giudiziarie da parte delle associazioni dei consumatori, se ci riferiamo a questo aspetto, non hanno giustificazione.
Gli azionisti non hanno avuto un effettivo e significativo danno da questo fatto, piuttosto, invece, va stigmatizzato il cambiamento in corsa che ha fatto Borsa italiana riguardo al calcolo dell’indice Ftse Mib e soprattutto le decisioni prese da Unicredit e Societe Generale riguardo ai calcoli dei warrant.
Alla fine non si può discutere che la cosa giusta da fare fosse quella di conteggiare nella performance anche la variazione dei diritti, quanto il fatto che quella decisione doveva essere presa prima dell’inizio dell’adc e non cambiare in corsa spiazzando di fatto gli investitori che ora avrebbero tutte le ragione (giuridiche, ripeto, ma non logiche) per richiedere un risarcimento.
Ed in questo modo siamo quindi già entrati nel fulcro della questione, quando, utilizzando quelle terminologie che si usano in economia per edulcorare le pillole amare, gli aumenti di capitale sono così “diluitivi” (c’erano poco più di 116 milioni di azioni ne verranno emesse altre 5 miliardi!), non è più il prezzo dell’azione ad essere indicativo, bensì quello dei diritti.
Ed è anche facile ed immediato comprenderlo, lo capisce pure un neonato, se ho un qualcosa che prima valeva 24,64 euro e mi viene scissa in due cose: una che vale 1,54 euro e l’altra 23,10 euro è più importante la prima o la seconda?
Capite bene che queste cose erano note anche prima che iniziasse l’operazione, fin da quando, giovedì 5 giugno, alla chiusura dei mercati, abbiamo appreso le condizioni che avrebbero regolato l’operazione di adc, era già tutto chiaro.
Ed anche ora, cari lettori, è dal primo giorno che vi dico di non guardare il prezzo dell’azione, bensì quello dei diritti, è quel prezzo che è indicativo, e solo quello. Oltretutto il prezzo dei diritti non solo risultava all’inizio pari a 15 volte quello dell’azione, ma non era “condizionato” da operazioni in derivati, ed infatti i diritti sono stati quotati immediatamente all’apertura dei mercati.
Continuerò a ribadire questo concetto, perdonatemi, ma perché è fondamentale, vogliamo fare delle previsioni su quale sarà il prezzo dell’azione al termine di questa operazione di aumento di capitale?
Ebbene dobbiamo usare i diritti, usare il prezzo dell’azione non solo sarebbe fuorviante, ma concettualmente sbagliato.
Ed allora se alla chiusura di ieri sera i diritti valevano 18 euro, facendo un semplice calcolo, la cui “logica” vi ho già spiegato in un precedente articolo, troviamo che il mercato al momento sta prezzando il valore dell’azione “post-aumento capitale sociale”, a 1,42 euro
(18 x 5 + 214) : 214 = 1,42
Naturalmente abbiamo davanti ancora una settimana di contrattazione per quanto riguarda i diritti, in cui le cose possono cambiare anche in maniera significativa, ma ha senso chiedersi, questo ipotetico prezzo (1,42 euro) della “nuova azione” MPS è caro o a buon mercato?
E’ chiaro che per rispondere ad una simile domanda dobbiamo riferirci alla valutazione storica del titolo (ovviamente aggiustata per il coefficiente di variazione detto fattore K) e naturalmente fare delle congetture sul futuro della società.
Partiamo dicendo che questo valore (1,42 euro) rispetto al dato di partenza (1,54 euro) evidenzia un calo del 7,8%. Occorre tenere presente, però, che in questa settimana l’indice principale della Borsa italiana, il Ftse Mib, ha perso lo 0,56%, ma l’indice del comparto bancario, il Ftse Italia Banche, è arretrato del 3,07%.
Quindi una parte non indifferente del calo va attribuita alla debolezza dell’intero settore.
La seconda e forse più importante considerazione da fare, è che questo prezzo (1,42 euro) è comunque superiore alla media avuta dalle quotazioni del titolo nell’ultimo anno di contrattazione (ovviamente rettificata), che attualmente è di 1,368 (ed occorrerebbe tener conto che questo dato è anche leggermente falsato dalle ultime cinque quotazioni assolutamente “anomale”).
Non solo, ma è anche superiore alla media delle quotazioni degli ultimi due anni che è pari a 1,403 euro. Insomma avete capito, il messaggio è: non pensiamo che 1,42 sia un prezzo sacrificato soltanto perché partivamo da 1,54 euro, è comunque un prezzo superiore alla media dell’ultimo e degli ultimi due anni!
Ora poi dovremmo fare delle “congetture” sul futuro, si potrebbe pensare che la ricapitalizzazione possa giovare alla società che, più robusta e sana, potrebbe averne benefici in termini di futura redditività.
Certo è un’argomentazione che può avere il suo fondamento, ma teniamo conto anche di una cosa, il top management ci diceva un anno fa che la Banca non necessitava di alcuna ricapitalizzazione, poi ha ammesso che con un aumento di capitale da miliardo si sarebbero aggiustati tutti i conti, i miliardi sono poi diventati 3 e solo nell’imminenza dell’operazione addirittura 5.
E’ molto probabile che sia stata la stessa Europa ad “imporre” un adc da 5 miliardi che, ricordiamolo per inciso, equivalgono a 83 euro a testa per ogni italiano neonati compresi!
E se non ci avessero detto ancora tutta la verità? Se nemmeno i 5 miliardi fossero sufficienti? E se all’orizzonte non ci fosse una ripresa dell’economia italiana (che ovviamente gioverebbe al settore), ma continuasse la stagnazione?
Quanti dubbi! Quante perplessità!
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro