L’Unione europea non può funzionare
Le infinite discussioni che si sono scatenate all’indomani del voto referendario britannico lasciano il tempo che trovano, le diverse argomentazioni sostenute da politici, giornalisti ed analisti in genere, hanno il solo scopo di offuscare quella che è l’unica verità, e cioè che: l’Unione europea non può funzionare, quindi è fatalmente destinata a disgregarsi.
E per un motivo assolutamente banale, gli accordi risultano efficienti ed efficaci solo quando sono bilaterali, ossia stipulati fra due controparti, semplicemente perché o vanno bene a entrambe le controparti o semplicemente non si stipulano.
Quindi l’aumento degli Stati membri dell’Unione europea ha fatto crescere esponenzialmente i motivi di attrito fra gli stessi proprio perché trovare un bene comune fra ventotto entità nazionali diverse non è difficile, è semplicemente impossibile.
Ma non solo, è anche ovvio che i motivi di attrito cresceranno esponenzialmente più queste entità nazionali sono diverse fra loro, per condizioni economiche, sociali, storiche. Banalmente farei osservare che sarà certamente più semplice trovare punti di contatto fra due nazioni come Germania e Austria piuttosto che fra l’Olanda e la Grecia.
Ebbene, mi direte, però un metodo per trovare un accordo quando esistono diversi e contrastanti interessi esiste, e si chiama democrazia.
Certo ed è proprio per questo che sul sito ufficiale dell’Unione europea troviamo scritto che:
“L’Unione europea si fonda sul principio dello stato di diritto: tutti i suoi poteri riposano cioè su trattati liberamente e democraticamente sottoscritti dai paesi membri.”
Il problema, tuttavia, è che gli stati componenti l’Ue hanno dimensioni assolutamente non raffrontabili, la Germania, dopo l’unificazione, ha un predominio totale, le basta infatti accordarsi con gli Stati da sempre a lei più “vicini”, ossia l’Olanda e l’Austria per avere il diritto di veto praticamente su qualsiasi proposta che arrivi da altri Stati.
La democrazia rimane così un concetto astratto e privo di valore.
Il referendum britannico, tuttavia, ha anche messo in evidenza un fatto che finora, agli italiani, era stato nascosto, anzi abbiamo scoperto che ci hanno sempre ingannati facendoci credere che i trattati NON prevedevano l’uscita di uno Stato membro dall’Unione europea.
Oggi, grazie agli inglesi, sappiamo che esiste l’art. 50 eccolo:
Clausola di recesso
L’articolo 50 del trattato sull’Unione europea prevede un meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un paese dall’Unione europea (UE).
Il paese dell’UE che decide di recedere, deve notificare tale intenzione al Consiglio europeo, il quale presenta i suoi orientamenti per la conclusione di un accordo volto a definire le modalità del recesso di tale paese.
Tale accordo è concluso a nome dell’Unione europea (UE) dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo.
I trattati cessano di essere applicabili al paese interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso o due anni dopo la notifica del recesso. Il Consiglio può decidere di prolungare tale termine.
Qualsiasi Stato uscito dall’Unione può chiedere di aderirvi nuovamente, presentando una nuova procedura di adesione.
D’altronde, a ben pensare, sarebbe stato impossibile pensare che, dopo aver dato l’adesione non ci fosse più la possibilità di recedere, più che un “ergastolo” l’Ue sarebbe diventata “la pena di morte”.
Detto questo, però, è anche capibile perché i burocrati europei abbiano sempre asserito che dall’Ue non si poteva uscire, esplicitare il contrario, comunque, avrebbe decretato la sua stessa fine.
Eh sì, perché, capirete bene, che se uno Stato decide la sua permanenza o meno all’interno dell’Ue in base alla coalizione che vince le elezioni è chiaro che nel giro di pochissimi anni saremmo al caos più totale, con Stati che entrano ed escono in continuazione.
Insomma è chiaro ed evidente a tutti che l’unica maniera affinché l’Unione europea possa funzionare è il superamento della stessa, ossia la creazione degli Stati Uniti d’Europa, ma questo implicherebbe che gli attuali debiti di tutti gli Stati diventino comuni, e voi potete pensare che i tedeschi accettino di prendersi in carico il nostro debito pubblico?
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro