Banca Montepaschi too big to fail e … la fontana di Trevi
Che il bail-in all’amatriciana, quello del decreto del 22 novembre, si sarebbe rivelato una crepa nella quale ben presto si sarebbero insinuate pericolosissime infiltrazioni potenzialmente distruttive per l’intero edificio, non era solo facile da prevedere, era scontato.
E’ ovvio che nelle sale operative sarebbe immediatamente partito il tormentone “chi sarà la prossima?”. E la risposta non poteva che essere MPS e Carige.
Beh! Verrebbe da pensare riferendoci ai fallimenti bancari, quattro o sei che differenza fa?
C’è una differenza … c’è una bella differenza fra Banca Etruria (e non parliamo poi di CariChieti) e Banca Monte dei Paschi di Siena, la stessa differenza che passa fra il naufragio di un piccolo peschereccio e quello di una grande nave da crociera.
Certo anche il naufragio di un piccolo peschereccio è un disastro, che tuttavia coinvolge un numero limitato di persone, una grande nave da crociera, invece, trasporta diverse centinaia, a volte migliaia di persone ed il possibile disastro si trasforma così in tragedia.
Ricordiamo infatti che il Gruppo Montepaschi è il terzo gruppo italiano dopo Intesa ed Unicredit per numero di filiali ed occupa circa 30.000 dipendenti, insomma, la sua crisi … non è un problemino.
Come risolverlo?
Il nostro Governo sembra non aver le idee chiare, anzi, sembra non aver idee … punto.
Per questo sta usando il metodo più vecchio del mondo, quando ci si trova in difficoltà: cambiare discorso.
Ed ecco quindi che saltano fuori le unioni civili e le coppie di fatto, da sempre gli argomenti che si rispolverano quando non si deve parlare di cose serie.
Nel frattempo però una soluzione va trovata ed ecco quindi che il nostro esecutivo cerca di salvare Monte dei Paschi ricorrendo ad uno stratagemma che ricorda in tutto e per tutto il grande Totò, quando insieme all’indimenticabile Nino Taranto tenta di vendere la fontana di Trevi al gonzo americano.
Visto che nessuna Gruppo bancario italiano si vuol caricare sul groppone quel fardello, l’obiettivo diventa quello di piazzare la Banca senese all’estero e, per cercare di venderla, si inscena una pantomima (proprio come Totò), si fanno uscire notizie sui giornali secondo le quali diverse Banche italiane vorrebbero acquisire MPS, ma sarebbero frenate dalle direttive europee antitrust.
A questo punto si mette in atto ciò che nei corsi di tecniche di vendita è considerata da sempre la regola numero uno: dire che non si vuol vendere! Dire che non ci si vuol privare dei gioielli di famiglia.
Ed ecco ancora che la nostra stampa si presta alla messinscena ed escono articoli sui giornali secondo cui l’esecutivo non vedrebbe di buon occhio Montepaschi in mano straniere, nella realtà, ovviamente, si cerca in tutte le maniere di rifilare la sòla a chiunque si faccia avanti.
Il giochino riuscirà?
Beh! Tanti gonzi in giro non ce ne sono, ed allora se dovesse farsi vivo un compratore è chiaro che cercherebbe di strappare un prezzo stracciato.
Alternative?
Poche, forse una! Visto che non basta dire al sistema bancario italiano di fare un fondo come avvenuto con le quattro Banche fallite, si potrebbe ipotizzare solo una mega fusione fra diverse Banche popolari che incorporerebbero anche Montepaschi.
Difficile, ma non impossibile, ed in ogni caso se non c’è alternativa …
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro