Banco Popolare, aumento di capitale: conviene aderire, o no?
In questi giorni tutti coloro che detengono in portafoglio azioni del Banco Popolare mi rivolgono la domanda: conviene aderire all’aumento di capitale o no?
Capiamo che questo è ciò che interessa ad un risparmiatore, chiunque si trovi a dover prendere una decisione vorrebbe essere rassicurato, ha paura di fare “la scelta sbagliata”, ed allora chiede indicazioni e cerca conferme.
Occorre però dire, non si offenda nessuno, che la domanda ha poco senso, ma cercherò comunque, se non proprio di dare una risposta univoca, perlomeno di fornire qualche spunto di riflessione che possa rendere più consapevole la scelta.
Partiamo da un fatto che può sembrar banale, ma, come vedremo, non lo è. Se una persona non ha, in tutto o in parte, la disponibilità finanziaria per aderire all’aumento di capitale, può solo vendere i diritti.
La considerazione non è così banale, come si potrebbe pensare di primo acchito, perché la percentuale di adesione influirà certamente sulla convenienza dell’operazione, e sicuramente questa percentuale di adesione è influenzata da “quanto” viene chiesto agli azionisti.
Nel caso del Banco Popolare la percentuale di incremento dell’investimento, calcolata rispetto all’ultima quotazione del titolo in Borsa (18 euro), è del 47,22%.
Cioè un azionista che volesse aderire in toto all’aumento di capitale, per ogni 10.000 euro del valore attuale delle proprie azioni Banco Popolare dovrà sborsarne altri 4.722 euro.
Non è poco, anzi!
Non saranno così pochi gli azionisti che saranno “costretti” a vendere i diritti (naturalmente ci saranno anche coloro, vecchi azionisti o meno, che i diritti li vorranno comperare).
Il secondo aspetto che, a priori, può essere preso in considerazione per valutare la convenienza o meno dell’adesione all’adc è ciò che viene chiamato “sconto”, cioè la differenza percentuale fra il Terp ed il prezzo di sottoscrizione delle nuove azioni.
Visto che questo dato deve essere comunicato dalla società che effettua l’adc tre giorni prima dell’inizio dell’operazione, il Terp è risultato pari a 12,99 euro essendo stato calcolato sulla chiusura del 26 marzo, quando il titolo al fixing aveva fatto segnare 16,75 euro e, di conseguenza, lo “sconto” comunicato dalla Banca è stato del 30,71%.
Ma oggi possiamo aggiornarlo con la chiusura del titolo di venerdì sera (18 euro), il Terp arriva a 13,63 euro e lo “sconto” aumenta così al 33,96%.
Ribadiamo ancora una volta che il termine “sconto” è fuorviante, non si tratta infatti di un “beneficio” per l’investitore, come la parola potrebbe far intendere, anzi, è una misura del “rischio” insito nell’operazione, quindi più è alto e maggiore è la rischiosità.
Alla partenza dell’operazione, infatti, gli azionisti vedranno sul loro dossier titoli attribuirsi i diritti e, contemporaneamente, rettificare il valore delle azioni per un identico importo, ed allora se, in linea teorica s’intende, il valore dei diritti dovesse azzerarsi quella sarebbe una perdita secca per gli azionisti. Per questo all’aumentare dello “sconto” cresce anche la “perdita potenziale”, ma desidero sottolineare “potenziale”, non voglio assolutamente essere frainteso, un maggiore rischio non significa affatto, automaticamente, una perdita superiore.
Di certo, però, il mercato ritiene che le società che propongono un aumento di capitale con un elevato “sconto”, in un qualche senso, vogliano “costringere” gli azionisti ad aderire, proprio perché fanno loro percepire che la mancata adesione li esporrà ad un considerevole rischio di perdita di capitale.
Le due considerazioni da me esposte sono senza dubbio vere, e vanno tenute in considerazione, ma, come anticipato, non possono fornire la risposta alla domanda “conviene aderire o no all’aumento di capitale” che solo il tempo riuscirà a dare.
Banalmente, infatti, se la maggior capitalizzazione dell’Istituto a seguito dell’adc, permetterà di avere in futuro una redditività superiore che ripaghi dell’investimento, aderire sarà risultato conveniente, altrimenti no. So che è una risposta banale, l’avevo premesso io, ma è anche l’unica verità assoluta.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro