Borse, quando il rimbalzo? Focus sul petrolio
Collassano le Borse di tutto il mondo, da tempo vi dicevamo che un crollo dei listini azionari sarebbe stato inevitabile, ed ora si è puntualmente verificato.
Adesso tutti a chiedersi se siamo solo all’inizio di una fase drammatica, insomma si teme il cosiddetto panic-selling, che ovviamente è una eventualità da non escludere, tuttavia, anche se rimango convinto che le borse siano tutt’ora sopravalutate, ritengo che potremmo a breve assistere ad un rimbalzo abbastanza significativo.
Ribadisco, è solo una previsione di breve poiché nel medio/lungo periodo i listini azionari tenderanno ulteriormente a sgonfiarsi, ma ritengo che qualche settore abbia avuto una eccessiva penalizzazione, ed il mercato non tarderà a rendersene conto.
Mi riferisco in particolare al comparto petrolifero.
E’ ovvio che le motivazioni per cui questo settore ha registrato un tracollo negli ultimi tempi ci sono tutte, a cominciare dai dati “farlocchi” sull’andamento dell’economia cinese, sui quali avevo più volte espresso le mie perplessità. Ovviamente né io, né nessun altro, poteva (né può tutt’ora) affermare con certezza che i dati sulla crescita del gigante asiatico siano gonfiati dalle autorità del regime, ma il raziocinio e soprattutto la logica porta a ritenere che, con un’economia mondiale praticamente ferma, risulta impossibile che il Pil cinese potesse continuare a crescere ad un ritmo da boom economico.
Detto questo, però, la reazione del mercato, come detto, soprattutto per quanto riguarda il comparto petrolifero, mi è parsa eccessiva.
Se esaminiamo infatti quanto accaduto durante la crisi del 2008 notiamo che sette anni fa il crollo del prezzo del greggio fu impressionante, il Brent, ad esempio, passò in sei mesi dai massimi raggiunti a luglio, oltre quota 140 dollari, ai minimi del gennaio 2009 intorno ai 43 dollari, un calo di circa il 70%.
Più o meno nello stesso periodo Exxon e Chevron, tanto per prendere come riferimento i due colossi americani del settore, videro diminuire le loro quotazioni del 33%.
Ora, in un arco temporale decisamente più lungo (14 mesi) il prezzo del Brent è passato da quota 110 dollari del giugno 2014 agli attuali 45 dollari, quindi un calo inferiore a quanto visto sette anni fa (meno del 60%), negli ultimi mesi, tuttavia, Exxon è già scesa del 30% e Chevron addirittura del 40%!!!
Certamente non va dimenticato che all’esplodere della crisi del 2008 i tassi di interesse furono immediatamente e drasticamente abbassati, mentre oggi non si possono più attuare politiche monetarie espansive.
Ma allora non dobbiamo neppure dimenticare che la crisi dei subprime aveva portato alla luce l’estrema debolezza del sistema bancario statunitense, arrivato sull’orlo della catastrofe, mentre oggi possiamo senza dubbio ritenerlo decisamente più solido.
Va segnalato, inoltre, che il petrolio, a questi livelli, non conviene a nessuno.
Non deve infatti ingannare la falsa idea che bassi prezzi petroliferi favoriscano la crescita, certo vengono abbassati i costi di produzione, ma in maniera irrilevante, mentre la crisi di un settore così importante come quello energetico ha effetti estremamente destabilizzanti.
Ovviamente non ritengo nemmeno ipotizzabile che il Brent o il Wti possano tornare a breve a quotazioni a tre cifre, ma parlare di petrolio a 60/65 dollari al barile per la fine dell’anno in corso non mi pare una bestemmia.
Insomma un rimbalzo del greggio, rispetto ai prezzi attuali, del 50% potrebbe anche essere un’eventualità non tanto peregrina, naturalmente se la situazione non dovesse invece avvitarsi su se stessa in una spirale nella quale nessuno potrebbe salvarsi.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro