Brasile: l’ennesima prova che il comunismo produce solo danni
Ricordate gli osanna di tutti i nostri giornali della sinistra all’elezione di Lula, il Presidente operaio, o meglio, il Presidente sindacalista brasiliano? Era il 27 ottobre del 2002 ed i quotidiani nazionali titolavano “Il Brasile ad una svolta epocale”.
Basta corruzione, basta svalutazione della moneta, più giustizia ed equità sociale, insomma tutta l’intellighenzia di sinistra si strappava le vesti per il nuovo Presidente.
Ebbene, negli otto anni della Presidenza Lula effettivamente il Pil del più grande Paese sudamericano è cresciuto, ma naturalmente nessuno sottolineava che contemporaneamente era cresciuto a dismisura anche il debito pubblico.
Successivamente, non potendo avere il terzo mandato consecutivo, Lula continuò a governare il Brasile facendo eleggere la sua segretaria, tale Dilma Rousseff, rieletta dopo il primo mandato con un ballottaggio sulla cui regolarità “democratica” molti hanno ancora forti dubbi.
Ebbene oggi, dopo quindi 12 anni di Lula, all’anagrafe Luiz Ignacio Da Silva, il Brasile è a pezzi, è un Paese praticamente distrutto in cui la corruzione, male endemico, anziché venir combattuta è diventata la prassi, nel quale la recessione è conclamata, dove non si riesce a tenere l’inflazione sotto controllo nonostante le autorità monetarie abbiano portato il tasso d’interesse di riferimento al 14,25% e la moneta si svaluta giornalmente.
Il Partito di Lula, il Pt, cioè il Partito dei Lavoratori (che coraggio a chiamarlo così!), è implicato fino all’osso in una serie infinita di scandali, sono finiti in carcere diversi esponenti di primo piano, il più noto dei quali è il Segretario delle Finanze, tal Joao Vaccari Neto, che ormai chiedeva tangenti a favore del Partito dei Lavoratori per qualsiasi tipo di operazione.
L’esplosivo aumento della corruzione è forse l’aspetto più deteriore che ha caratterizzata la presidenza Lula al punto che la Chiesa brasiliana l’ha definita “la metastasi che porta alla morte non solo dei poteri costituiti, ma anche il mondo imprenditoriale ed il tessuto sociale” aggiungendo poi che “combatterla in modo intransigente presuppone la garanzia di indagini giuste su tutte le denunce presentate, con la conseguente punizione dei corrotti e dei corruttori”.
Il malcontento in Brasile non ha mai raggiunto i livelli attuali, il giorno dopo Ferragosto le opposizioni hanno indetto manifestazioni in tutto il Paese alle quali hanno partecipato 2 milioni di persone, il Partito di Lula ha così pensato di fare, tre giorni dopo, delle contromanifestazioni a supporto del Governo alle quali hanno partecipato solo settantatremila persone.
Ed alle manifestazioni contro il Governo, tenute in 250 città del Brasile, non mancava mai un pupazzo che rappresentava Lula vestito col classico abito a strisce verticali, tipico dei carcerati.
L’indice di popolarità della Presidentessa “fantoccio”, Dilma Rousseff, è precipitato all’8%, probabilmente un record mondiale negativo, ritengo infatti che nessun capo di Governo del pianeta sia tanto inviso alla propria popolazione.
Ed in questa drammatica situazione Lula ha avuto persino il coraggio di comunicare la sua candidatura per le prossime elezioni del 2018, a suo dire per “impedire all’opposizione di vincere le elezioni”, nella realtà, molti osservatori sostengono, per cercare di salvarsi dal carcere visto che il Congresso ha già chiesto la sua incriminazione per affari poco chiari con Cuba, ma non solo, sembra sempre più probabile, infatti, che Lula possa essere chiamato in causa in diversi processi che vedono implicati esponenti di spicco del suo Partito, se non direttamente, perlomeno perché “non poteva non sapere”.
E l’anno prossimo non immaginiamo neppure quale potrà essere il clima sociale all’apertura dei Giochi olimpici, ammesso che si terranno, perché i lavori sono ancora agli albori nonostante i 50 miliardi di dollari arrivati dalla Cina proprio per aiutare l’Organizzazione della più importante manifestazione sportiva mondiale.
Ebbene c’è da stupirsi che il Brasile si trovi oggi in una situazione tanto drammatica?
Assolutamente no!
Dopo 12 anni di comunismo sarebbe da stupirsi del contrario.
Un sistema che accentra tutto il potere decisionale nelle stanze della politica oltre ad essere evidentemente inefficiente fa crescere spontaneamente il parassitismo e da qui ai fenomeni di corruzione il passo è breve, quasi naturale. Chi ha il potere di decidere … cerca di monetizzarlo.
Ed infatti i brasiliani tutti vedono nella capitale, Brasilia, il centro dei loro mali, la identificano come una sanguisuga, un buco nero nel quale tutto entra e nulla esce. Ed in effetti, l’unica città costruita appositamente per diventare “capitale” si è trasformata in un centro del malaffare.
Insomma, la Storia insegna, ma non tutti gli alunni capiscono subito, alcuni, a volte, hanno bisogno di “ripetizioni”.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro