BTP al 2,5%. Chi resterà con il cerino in mano?
Secondo voi fra dieci anni in Italia circolerà ancora l’euro? Ed i tassi saranno ancora a zero? Se rispondete SI’ ad entrambe le domande allora investite pure in BTP che scadranno fra dieci anni, ma se avete un minimo dubbio che perlomeno una delle due condizioni potrebbe non verificarsi, chi ve lo fa fare di rischiare?
Facciamo un attimo chiarezza, innanzitutto specifichiamo che, soltanto applicando le condizioni fiscali attualmente in essere, e cioè tenendo conto della ritenuta fiscale, dei bolli, delle commissioni di acquisto ecc. ecc. un rendimento lordo del 2,5% equivale ad un rendimento netto decisamente inferiore al 2% ed ora cerchiamo di capire quale risparmiatore può ritenere interessante questo tipo di investimento.
Il Btp, come tutti gli investimenti nel reddito fisso, può dare due tipologie di rendimento: la cedola, che è fissa e normalmente pagata semestralmente, ed un eventuale guadagno in conto capitale qualora il titolo dovesse apprezzarsi.
Orbene sulla prima tipologia di guadagno c’è poco da dire, è certa (a meno di un malaugurato default) e prefissata, quindi preferibile quando riteniamo che, perlomeno per la durata dell’investimento, i tassi di mercato non salgano, e questa considerazione ci porta direttamente alla seconda tipologia di rendimento.
Perché un eventuale guadagno in conto capitale potrà avvenire solo se i tassi di mercato dovessero scendere, e, visto che sono particolarmente bassi (ai minimi storici!), non sembra l’eventualità più probabile, soprattutto in un orizzonte temporale così lungo come i dieci anni.
Ed allora vediamo quali conseguenze ci potrebbero essere per i sottoscrittori di BTP a seconda dei vari scenari, partendo naturalmente da quelli più nefasti:
1 – lo Stato italiano dichiara un default
Ovviamente è lo scenario peggiore per coloro che possiedono titoli del debito pubblico
2 – L’Italia esce dall’euro e torna ad una moneta nazionale
Per gli italiani possessori dei BTP non sarebbe una tragedia, visto che tutto verrebbe convertito nella nuova moneta nazionale, ma certamente avrebbero fatto meglio ad investire in titoli esteri che sarebbero rimasti quotati in euro
3 – Nei prossimi dieci anni i tassi di mercato aumentano
E’ un altro scenario negativo per gli investitori che vedono diminuire il valore dei propri titoli, certo, se i titoli venissero portati alla scadenza naturale non ci sarebbe una perdita in conto capitale, ma per dieci anni l’investitore avrebbe avuto dal proprio capitale una remunerazione inferiore a quella di mercato.
Insomma, visti tutti i “rischi” che si corrono nel sottoscriverli, non si capisce perché i nostri BTP vadano ancora “a ruba” e le richieste siano sempre abbondantemente superiori all’offerta, ma, tralasciando per il momento motivazioni “poco nobili” (per non dire maliziose) rimarrebbe una sola risposta:
Tutte le altre tipologie di investimento sono considerate molto più rischiose!
Insomma un’eventualità che anziché tranquillizzarci ci preoccupa ancor di più!
Ed allora concludiamo con un ultimo interrogativo: chi investe oggi sui mercati, sia che operi nel reddito fisso, sia che investa nell’equity, ha l’esatta percezione del rischio che sta correndo?
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro