Calenda: cronologia di un fallimento
Che Calenda fosse, nella migliore delle ipotesi, un pessimo negoziatore (mettiamola così, non vogliamo nemmeno prendere in considerazione altre congetture), lo avevamo capito tutti. E’ stato infatti letteralmente umiliato da un ragazzino come Di Maio che, sulla vendita dell’Ilva, in qualche settimana, ha ottenuto delle condizioni enormemente migliori per il nostro Stato (e per i lavoratori dell’azienda) rispetto a quelle spuntate da Calenda dopo anni di contrattazione con gli acquirenti indiani.
Ma ora Calenda, dal punto di vista politico, ha dato prova anche di essere un sempliciotto, termine che sta per “persona eccessivamente ingenua da apparire poco intelligente” (Fonte Treccani).
Dopo esser stato trombato alle elezioni del 2013 (si era candidato con Scelta Civica, il partito di Monti) era comunque riuscito ad avere l’incarico di vice Ministro dello Sviluppo economico nel Governo Letta. Riconfermato nello stesso ruolo nel Governo Renzi venne “promosso” a Ministro dopo che la titolare del Dicastero, Federica Guidi, fu costretta a dare le dimissione in seguito ad accuse che successivamente si rivelarono giuridicamente infondate.
Calenda aveva anche condiviso con la Guidi un trascorso in Ferrari, mentre la Guidi sedeva nel Consiglio di Amministrazione della Casa di Maranello, Calenda era il Responsabile gestione relazioni con i clienti e con le istituzioni finanziarie.
Nonostante gli importanti incarichi governativi Calenda, formalmente, era un “tecnico” nel senso che non era stato eletto e dopo la liquefazione di Scelta Civica non si era iscritto ad alcun altro partito, finché …
… il sei marzo, e quindi due giorni dopo la disfatta elettorale del PD, Calenda si iscrive al Partito Democratico, evidentemente qualcuno, ritenendo Renzi completamente bollito e quindi fuori gioco, aveva visto in lui la persona giusta per fare lo stesso giochetto che in Francia ha funzionato, insomma farlo diventare il Macron italiano.
Il trucchetto, però, era talmente evidente che anche uno come Renzi, insomma uno non certo dotato di grande acume, se ne è accorto, il Bomba di Rignano, quindi, ha finto di stare al gioco, in attesa di silurare il povero Calenda al momento giusto.
Ed il momento giusto è arrivato con la strampalata idea della cena a quattro, fatta naufragare da Renzi ancor prima di nascere.
Il web, in questi casi, è impietoso, ed il povero Calenda oggi è diventato lo zimbello della rete, preso per i fondelli da tutti. Le vignette e le battute sarcastiche sui social si sprecano, d’accordo che i politici, o almeno molti di loro, sono avvezzi alle figuracce, ma certamente non giovano all’immagine.
Più che prendercela con il povero Calenda, però, occorrerebbe prendersela con chi lo manovra, i pupari che stanno alle sue spalle, infatti, non ne stanno azzeccando una. Come si poteva pensare che una operazione “copia/incolla” alla Macron potesse avere successo in Italia?
Innanzitutto gli italiani non sono così idioti come i francesi, secondariamente la copia non è mai come l’originale, inoltre la situazione politica francese e quella italiana sono completamente diverse.
In Francia l’insofferenza verso le istituzioni europee si è coagulata verso un unico partito, il Fronte Nationale, che, nonostante i tentativi di “svecchiamento” paga tutt’oggi un peccato originale: rappresenta “la destra”. Inoltre va tenuto presente che in Francia vige una legge elettorale per cui è sufficiente raccogliere poco più del 20% dei consensi per andare al Governo e praticamente avere un potere quasi assoluto.
In Italia, invece, per arrivare al Governo occorre raggiungere perlomeno il 40% dei consensi, un obiettivo estremamente ambizione per un unico partito, inoltre, nella nostra Penisola, il disamore per l’Europa si è rivolto in due direzioni, Lega e Cinquestelle, a questo punto è bastato che quelle due forze politiche stipulassero un contratto per formare un Governo.
Per quanto sarebbe stato pompato in una maniera indegna da una stampa scandalosamente di parte, non era pensabile che Calenda avesse potuto ottenere consensi plebiscitari col suo “Fronte repubblicano”.
Una compagine politica che nasceva vecchia, il “Fronte repubblicano”, infatti, era una specie di Ulivo francese degli anni ’50, capisco che inventare qualcosa di nuovo non è facile, ma andare a rispolverare una iniziativa che oltretutto fu fallimentare (ottenne infatti la maggioranza relativa dei seggi ma ben presto si sgretolò facendo sì che tornasse al potere il generale De Gaulle), non era certo di buon auspicio.
Ed così il “Fronte repubblicano” di Calenda ha battuto in velocità anche quello francese … disgregandosi ancora più in fretta, anzi, si è disgregato tanto rapidamente che … non è nemmeno nato.
Ebbene potreste pensare che io sia stato eccessivamente severo nei confronti del povero Calenda, assolutamente no! Permettetemi però di rimarcare come:
- il nipote del grande regista Luigi Comencini, figlio di Cristina Comencini che, come noto, ha “ereditato” la professione dal padre,
- pupillo di Luca Cordero di Montezemolo che lo porta in Ferrari a soli 25 anni, appena conseguita la laurea in giurisprudenza, dandogli immediatamente incarichi dirigenziali.
- diventato successivamente responsabile marketing di Sky
- direttore generale di Interporto Campano
- presidente di Interporto Servizi Cargo
- coordinatore politico di Italia Futura, il progetto politico di Luca Cordero di Montezemolo miseramente naufragato
- e che vanta importanti incarichi in Confindustria …
… come dire … non mi pare abbia il curriculum appropriato per fare il Segretario di un partito “di sinistra”, non lo vedo a suo agio, fra le tavolate maleodoranti di salamelle, alle feste dell’Unità.
Ed allora, dato che Berlusconi le due volte che ha voluto nominare il proprio “successore” politico, incoronando prima Gianfranco Fini e successivamente Angelino Alfano, ha miseramente fallito, perché non ha pensato a Carlo Calenda?
Il curriculum sembra calzare a pennello.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro