Chi ha in mano il debito pubblico degli Stati più sviluppati al mondo?
Sottotitolo: Il “mistero” dei titoli dello Stato
Voi conoscete qualcuno che, diciamo, negli ultimi tre anni ha comprato dei Bot? Personalmente no!
All’ultima asta di metà agosto il prezzo di aggiudicazione dei Bot annuali è stato di 99,718 (pari ad un rendimento dello 0,279% lordo) quindi, tradotto in soldoni, una persona che avesse investito 100.000 euro quanto avrebbe guadagnato?
Guadagnato?!?!?
Macché guadagnato!!!
La domanda da fare è quanto avrebbe perso! E con certezza!
Perché non solo va tolto il 12,5% di ritenuta fiscale sui proventi, ma occorre pagare la commissione d’acquisto che, sui Bot annuali, è pari allo 0,3% ed il famoso “bollo” (nella realtà una patrimoniale che grava su tutti i tipi di investimenti) pari allo 0,2% e senza tener conto dei bolli sul deposito titoli ed altri costi bancari.
Insomma nella migliore delle ipotesi, cioè se alla scadenza naturale del titolo, ossia fra un anno, il Tesoro italiano rimborserà regolarmente il titolo, l‘investimento di 100.000 euro avrà prodotto una perdita di alcune centinaia di euro.
La conclusione sarebbe quindi quella di dire che solo un pazzo potrebbe sottoscrivere dei Bot.
Certo!
Come spiegare allora che per un’offerta da parte del Tesoro italiano di 8,65 miliardi vi siano state richieste per 12,8 miliardi?
Il problema, poi, si fa ancora più serio quando “il più autorevole” quotidiano economico italiano mette in risalto che i titoli dello Stato degli altri principali Paesi dell’eurozona rendono ancora meno, quelli spagnoli lo 0,11%, quelli francesi lo 0,02% mentre per quelli tedeschi ed olandesi i rendimenti sono già negativi all’emissione, e giunge alla conclusione che “In un contesto simile lo 0,279% diviene interessante, ovviamente non per il risparmiatore privato (che, tolte commissioni di acquisto e prelievo fiscale, si ritroverebbe in mano un pugno di mosche) ma per tesorerie e fondi.”
A parte sottolineare come l’espressione “un pugno di mosche” che, in italiano, sta per “poco o nulla”, risulta, in questo contesto, un modo evidentemente edulcorato di rappresentare la realtà, dal momento che, come abbiamo visto, non solo non ci resta in mano nulla ma avremo CON CERTEZZA una perdita.
Ciò che mi preme evidenziare è che per “giustificare” una cosa evidentemente assurda, cioè che possa esistere un investimento che produce con certezza, una perdita per il sottoscrittore, si fa notare che accade la medesima cosa, se non addirittura di peggio, anche negli altri principali Stati dell’eurozona.
Ok, ma dicendomi solo che il “l’anomalia” non è circoscritta all’Italia, ma va estesa all’intera Europa, non solo non sminuisci “il problema”, ma lo ingigantisci, rendendolo così ancor più preoccupante.
Ed ancora, se il rendimento dei Bot “diviene interessante per tesorerie e fondi” mi vien da pensare, ma perché sarebbero rendimenti interessanti per le “tesorerie”? Ed a quali “tesorerie” ci si riferisce? A quelle delle Banche? Ed alle Banche perché converrebbe investire in Bot? E soprattutto chi dà i soldi alle Banche per investire in Bot?
In pratica se all’eurozona aggiungiamo i rendimenti praticamente nulli o negativi dei titoli di Stato a breve termine della Gran Bretagna, del Giappone e soprattutto degli Stati Uniti, stiamo parlando dell’intero mondo sviluppato e di una montagna di debito pubblico che si può stimare per difetto in 50 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari.
Una cifra colossale che … non rende niente!!!
E chi ha in mano questa montagna di dollari che non rende nulla? E perché li tengono se non rendono nulla?
E se improvvisamente tutti si ponessero queste domande … cosa accadrebbe?
Ve lo siete mai chiesto?
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro