Ciò che è accaduto ieri sui mercati finanziari, spiegato anche a chi non sa nulla di economia
Tutti abbiamo ascoltato sui media nazionali che ieri è accaduto qualcosa di importante sui mercati finanziari internazionali, la BNS (la Banca Centrale svizzera) ha annunciato di lasciar fluttuare liberamente il cambio della propria moneta nei confronti dell’euro senza intervenire direttamente.
Ma cosa significa tutto questo? E perché ha avuto un effetto così dirompente sui mercati?
E’ molto semplice, e chiunque può comprendere cosa sia accaduto anche senza avere nessuna conoscenza in materia economica.
In pratica tre anni fa, ricordate? Tempeste valutarie, spread oltre i 500 punti per l’Italia, golpe nel nostro Paese con la sostituzione di un governo democraticamente eletto con un altro (Monti) senza essere passati attraverso le urne.
Insomma, molti in quel momento, sostenevano che l’eurozona stesse per esplodere e quindi tantissimi investitori, terrorizzati, cercavano di mettere al riparo i propri risparmi acquistando franchi svizzeri.
Ecco, allora, cari lettori, l’unica conoscenza di carattere economico che devo dare per nota: è la cosiddetta legge della domanda e dell’offerta, che più di una legge economica è una ovvietà.
Se tanti vogliono comprare un bene, se quindi c’è tanta domanda, il prezzo salirà, perché ci saranno, tra le persone che vogliono acquistare quella cosa, qualcuno che, per averla, sarà disposto a pagarla di più.
Contemporaneamente se tanti vogliono vendere una cosa, quindi ci sarà tanta offerta, il prezzo scenderà, perché ci sarà qualcuno disposto ad abbassare il prezzo pur di riuscire a vendere quel bene.
Semplice no? Anzi banale e logico.
Ed allora se tanti vogliono vendere euro per comprare franchi svizzeri, inevitabilmente la moneta elvetica tenderà ad apprezzarsi maggiormente rispetto all’euro, al punto che nell’agosto 2011 il cambio era arrivato a sfiorare la parità, cioè 1 euro = 1 franco svizzero.
Le aziende elvetiche, ovviamente soffrivano perché i loro prodotti, all’estero, diventavano inevitabilmente più costosi, a questo punto, allora, intervenne la Banca Nazionale Svizzera, ossia l’Istituto di emissione, dicendo che avrebbe intrapreso azioni, direttamente sui mercati valutari, per non permettere al cambio Eur/Chf di scendere sotto quota 1,20.
Cosa significa questo? Semplicemente che ci sarebbero sempre voluti almeno 1 franco e 20 centesimi per avere un euro.
E come faceva la Banca Centrale svizzera a imporre una cosa del genere?
Semplicemente dicendo questo: “Vuoi franchi svizzeri? Ti darò 1,2 franchi svizzeri per ogni euro che tu vorrai darmi, e me ne potrai chiedere quanti ne vuoi, per me non sarà un problema avere franchi, visto che li stampo io e ne posso stampare quanti ne voglio”
Chiaro quindi perché il cambio non sarebbe sceso sotto quota 1,20?
In questo modo la Banca Centrale “difendeva” la sua economia, perché i prodotti svizzeri non sarebbero diventati “più cari” nell’eurozona, partner commerciale prioritario, solo per una variazione del tasso di cambio.
Quindi, ad esempio, la Swatch, quella degli orologi, poteva continuare ad esser certa che vendendo in Italia, Francia, Germania ecc. ecc. un orologio a 50 euro poi, riportando quei soldi in Patria, sarebbero diventati 60 franchi (50 x 1,20 = 60).
Il fatto, però, è che in questo modo alle aziende andava bene, ma le casse pubbliche svizzere si prosciugavano di franchi e si riempivano di euro, mettendo il Paese elvetico in grave pericolo: e se l’euro fosse scoppiato? Cosa se ne facevano di tutta quella carta straccia senza valore?
Naturalmente tutto ciò poteva proseguire finché ci fosse stata fiducia che l’euro fosse rimasta una valuta “affidabile”, ma ora quindi cosa ha fatto cambiare idea agli svizzeri? Perché evidentemente non la ritengono più una moneta “affidabile”?
Il fatto è che ora siamo praticamente certi che fra meno di una settimana il Presidente della Bce, Mario Draghi, annuncerà il cosiddetto Quantitative easing, ossia un’operazione che inonderà il mercato finanziario di un importo che non si conosce ancora, ma sembra che si aggiri sui 500 miliardi di euro.
E tutto ciò, naturalmente, si rende necessario perché la situazione economica in alcuni Paesi dell’eurozona è assolutamente drammatica, se non prefallimentare.
Gli svizzeri, quindi, hanno preso paura ed hanno preferito far perdere competitività alle loro aziende, è chiaro infatti che i loro prodotti, all’estero, costeranno di più, ma l’alternativa era riempire ancor di più le casse pubbliche di euro, cioè di una moneta che sta diventando sempre più pericolosa.
La reazione dei mercati borsistici è quindi stata assolutamente “naturale”, è crollata la Borsa svizzera ed hanno guadagnato le Piazze borsistiche della zona euro, ma è stato soltanto un “riallineamento” ad un cambio naturale e non “drogato” come precedentemente.
Se la Svizzera continua ad essere un Paese molto competitivo (è sempre prima al mondo in questa speciale classifica), deve “rassegnarsi” ad avere una moneta che rispecchia la sua economia.
Al contrario la parabola dell’euro è destinata fatalmente a schiantarsi per le contraddizioni intrinseche alla moneta unica, cioè perché non possono Stati completamenti diversi avere la medesima moneta.
A quando quindi il botto?
Forse la decisione della Banca Nazionale Svizzera è una risposta a questa domanda: fra non molto!
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro