Conti pubblici: c'è da fidarsi?
I conti pubblici, come tutti sappiamo, sono di importanza vitale, spesso, per non dire sempre, hanno determinato l’esito elettorale quindi è necessario che gli organismi preposti al loro calcolo siano assolutamente indipendenti dal potere politico.
In Italia, fondamentalmente, sono due gli “Istituti pubblici” preposti a raccogliere, elaborare e pubblicare dati riguardanti la contabilità nazionale: l’Istat, ossia l’Istituto Nazionale di Statistica e la Banca d’Italia.
Ovviamente “la politica” ha sempre cercato di avere un’influenza su questi due Istituti. La nomina di Giorgio Alleva alla presidenza dell’Istat nel luglio 2014 (Governo Renzi) aveva creato fortissime polemiche alimentate da una lettera aperta, inviata al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, alla Ministra della Pubblica Amministrazione Marianna Madia ed alla Ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, firmata da 43 economisti, tra i quali spiccavano i nomi di Luigi Zingales, Lucrezia Reichlin e Tito Boeri, che definivano Alleva un “Presidente senza qualità” e chiedevano esplicitamente “Quali sono i criteri che hanno guidato la scelta? Perché prevale lui nonostante il suo curriculum non all’altezza?”
Mentre per quanto riguarda l’altro Istituto, cioè la Banca d’Italia, la nomina di Ignazio Visco nel 2011 (Governo Berlusconi) a seguito delle dimissioni di Mario Draghi, chiamato a dirigere la Bce, è risultata molto meno “contestata” in quanto Visco, da quarant’anni in Bankitalia, ricopriva allora il ruolo di Vice Presidente e quindi era “l’erede naturale” di Draghi.
Ebbene, come noto, il nostro Paese ormai da decenni è alle prese con un debito pubblico che, a parole, la nostra classe politica ha sempre dichiarato di voler ridurre, ma che nei fatti, purtroppo, è sempre aumentato.
Arrivato ora a livelli che alcuni eminenti economisti cominciano a definire “insostenibile”, si dovrebbero guardare sempre con maggior preoccupazione i dati che mensilmente la Banca d’Italia pubblica, e non ci si dovrebbe soffermare solo sull’entità del nostro debito pubblico, ma soprattutto sulla sua dinamica.
Dire infatti che il debito accumulato dalle Amministrazioni pubbliche ammonta a 2.211,9 miliardi di euro non serve a far chiarezza, forse si rende maggiormente l’idea della cifra se, facendo una semplice divisione, calcoliamo il debito pro capite, ci ritroviamo sul groppone quindi 37.000 euro a testa. Che possiamo tradurre così: la vostra è una famiglia composta da quattro persone? Ebbene 37.000 x 4 = 148.000 euro di debito. Avete già un mutuo da pagare per la casa? Bene! Anzi, male! Perchè sappiate che ne avete due!
Ma non facciamo i catastrofisti, dai. Nessuno ci chiede di ripagare il debito pubblico, per ora è lì, ed è sufficiente pagare gli interessi (che oltretutto adesso sono bassi come non mai), non dobbiamo preoccuparci, stiamo facendo sacrifici, ma …
… ma … un bel niente!
Perché stiamo facendo sacrifici e, nonostante questo, il nostro debito pubblico aumenta!!!
Ebbene sì, il nostro debito pubblico aumenta nonostante i grandi sacrifici che stanno facendo gli italiani, figuratevi se non facessimo sacrifici a quanto sarebbe arrivato.
I numeri ce li fornisce Bankitalia, quindi … non si discutono, e gli ultimi si riferiscono al mese di novembre.
Allora, nei primi undici mesi del 2015 il nostro debito pubblico è aumentato di 75,9 miliardi, quindi di circa 7 miliardi al mese! Tornando alla nostra famiglia di quattro persone significa un aumento di 5.000 euro, quindi quest’anno la nostra famiglia “tipo” italiana, dopo aver fatto grandi sacrifici ha visto la sua quota di debito pubblico aumentare da 148.000 a 153.000 euro. Un bel successo!
Perlomeno il “primo mutuo”, quello sulla casa, man mano che paghiamo le rate, diminuisce, mentre il secondo mutuo, quello sul debito pubblico, nonostante il regolare pagamento delle rate (attraverso tasse, imposte e contributi) … continua ad aumentare.
Ed allora se si gonfia sempre di più, andrà a finire che un giorno o l’altro … scoppierà, e sarà un problema per tutti.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro