Ferrari: i miti non hanno prezzo
Sapete che sono stato un estimatore della prima ora di Sergio Marchionne, per lui ho scritto veri e propri peana, a mo’ d’esempio vi basterà leggere questo articolo da me pubblicato poco più di due anni fa dal titolo “Marchionne? Un genio! Incompreso solo in Italia”.
Ebbene se ho scritto “sono stato un estimatore” forse vi aspettate che ora dica “non lo sono più”, ma non è proprio così, Marchionne rimane uno straordinario capitano d’industria, quasi un Re Mida, visto che ha trasformato in oro tutto ciò che ha toccato, e la sua grandezza nessuno potrà mai metterla in discussione.
In particolare rimarranno impresse nella mia memoria due cose per le quali Marchionne si è guadagnato per sempre la mia ammirazione:
- quando, di ritorno da Detroit, dove andò a ritirare l’assegno da due miliardi di dollari che General Motors preferì pagare anziché prendersi la Fiat, riunì al Lingotto tutte le Banche creditrici, mise quell’assegno sul tavolo e disse loro: “o vi accontentate di questo … o credete in me”
- e quando, mentre i tedeschi ed i giapponesi si giravano dall’altra parte, lui solo alzò il dito e fece un cenno di assenso verso il Presidente Obama, che era alla disperata ricerca di qualcuno che fosse in grado di risanare Chrysler, un’azienda decotta, sull’orlo del fallimento e da tutti considerata spacciata.
Forse erano le due mosse del disperato, in effetti è più facile prendere delle decisioni “coraggiose” quando si ha poco o nulla da perdere, comunque Marchionne ha accettato due sfide quasi impossibili e le ha vinte entrambe, su questo non si può discutere.
Cos’è cambiato negli ultimi due anni?
Faccio una premessa, non parlo da imprenditore, non lo sono né lo sarò mai, visto che ho la certezza di non averne le qualità, parlo da persona nata e vissuta in Italia, parlo da italiano!
E per un italiano Fiat e Ferrari non sono semplicemente delle “industrie”, non sono dei “marchi” o brands come si dice ora, sono molto, ma molto di più!
Ed allora quando Fiat SpA è diventata Fiat Chrysler Automobiles NV (cioè Naamloze Vennootschap non SpA), perché è una società di diritto olandese con sede ad Amsterdam e sede fiscale a Londra, beh! Per me, per me italiano intendo, è stata una ferita.
Ribadisco, Marchionne, ragionando da imprenditore, avrà certamente agito in maniera ineccepibile, non entro in questo campo, rimane il fatto che in Italia Fiat non ha più la testa … e nemmeno il cuore, solo un po’ di braccia.
E domani sulla Borsa italiana troveremo anche Ferrari, certo già da alcuni mesi è quotata a Wall Street, quindi non è proprio una novità, ma vederla a Piazza Affari sarà diverso.
Perché Ferrari va in Borsa? Sono certo che Marchionne risponderebbe “perché ha valore e gli azionisti ne devono trarre beneficio”, ma al di là delle risposte “diplomatiche” ed in attesa che il tempo ci dirà chi “trarrà beneficio” dalla quotazione, una sola cosa al momento è certa, la quotazione in Borsa è una operazione finanziaria.
Niente di male, niente di illegale, niente di strano, si mette in vendita una quota di una azienda, nulla di più normale, ma come ho già detto, Ferrari, per un italiano, non è una azienda … è un mito, ed i miti non solo non si vendono, ma sono come i sentimenti … non hanno prezzo.
Certo, mi si obietterà, si è sempre attribuito un valore a Ferrari, semplicemente il mercato lo “incorporava” nel titolo Fca, di fatto, ciò che è avvenuto oggi altro non è che uno scorporo.
Sì avete ragione, che vi posso dire, da ogni punto di vista avete ragione! E’ che speravo, forse mi illudevo, che anche nel mondo finanziario, nascosto, da qualche parte, ci fosse un piccolo posto per i sentimenti.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro