Flat tax? E’ una buona idea, ma la priorità rimane uscire dall’euro!
Lo Stato è un po’ come l’arbitro: è necessario, ma svolge bene il suo compito se non lo si nota. La partita perfetta sarebbe quella nella quale l’arbitro non fosse mai costretto ad intervenire, ma ciò è chiaramente un’utopia.
Uscendo però dalla metafora calcistica è evidente a tutti che lo Stato, per i cittadini, è un costo e quindi va anche valutato in termini di efficienza, non solo deve assicurare la legalità, ossia garantire che le leggi vigenti vengano rispettate, ma sarebbe suo obiettivo primario creare sviluppo e benessere.
Sì, ma come?
Nella maniera più ovvia: realizzando una società meritocratica.
E qui casca l’asino!
Perché gli alti burocrati, quelli che con un’espressione giornalistica, vengono chiamati “Boiardi di Stato”, non hanno altro obiettivo che mantenere i propri privilegi ottenuti in quanto essi sono funzionali al potere politico.
L’ultima cosa che vogliono è crearsi eventuali “concorrenti”, meglio per loro se sono circondati da inetti e incompetenti, creeranno apparati assolutamente inefficienti, ma ne rimarranno saldamente a capo.
Premiare i migliori, invece, non sarebbe solo un comportamento “moralmente” giusto, ma la maniera più efficiente per aumentare il benessere, un benessere che, a cascata, andrebbe a beneficio di tutti.
Per questo la progressività delle imposte, un concetto ormai connaturato nella nostra società, e che apparentemente risponde ad una esigenza considerata “morale”, e cioè la redistribuzione del reddito, non è affatto un “valore”.
Le imposte dirette dovrebbero essere proporzionali, non progressive!
L’imposizione fiscale progressiva è inefficiente, con la chimera di raggiungere una illusoria “giustizia sociale”, si finisce per impoverire la società nel suo complesso.
Dimostrare che l’imposizione fiscale progressiva sia inefficiente è la cosa più semplice del mondo: è sufficiente far notare come in quel modo venga disincentivata l’efficienza produttiva. Insomma, perdonate la ripetitività, ma se creo un modello che disincentiva l’efficienza, automaticamente questo modello è inefficiente.
Naturalmente potrei portare altre motivazioni del tutto evidenti, la progressività delle imposte, ad esempio, incentiva l’evasione fiscale, anche questo è ovvio.
Occorre quindi solo stabilire quanto debba essere l’aliquota, fissa, da applicare su tutti i redditi. Ciò dipenderà da quale sarà l’imponibile esente perché chiaramente deve esistere una “no tax area” per permettere a tutti di avere un reddito sufficiente per un’esistenza dignitosa, e poi dipenderà da quanta “spesa pubblica” riteniamo necessaria.
Naturalmente la gran parte delle entrate tributarie deriverà dalle imposte indirette, queste sì con aliquote fortemente disomogenee, perché ovviamente tutto ciò che provoca un danno sociale, come ad esempio l’acool o il tabacco, dovrà essere disincentivato, mentre i beni essenziali dovranno godere di aliquote agevolate.
Inutile sottolineare come in questa maniera l’evasione fiscale venga praticamente azzerata ed il sistema risulti assolutamente più efficiente.
Quindi la Flat Tax è senza ombra di dubbio una proposta da sostenere e sarebbe assolutamente auspicabile che venisse applicata, ma anche questa grande “rivoluzione fiscale”, da sola, non riuscirebbe a risolvere radicalmente i grandi problemi economici che assillano il nostro Paese se non ci liberiamo di quella palla al piede chiamata “euro”.
Niente può farci competere sui mercati internazionali se continuiamo ad utilizzare una moneta che non rappresenta la nostra economia.
Certo con la Flat Tax riusciremmo ad attrarre molti più investimenti, sia nazionali che esteri, ma il problema principale rimane sempre la competitività, e, per ritrovarla, la via maestra non può che essere l’adozione di una moneta nazionale.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro