Ftse Mib contro Dax: la crisi
Noi siamo i neri, i tedeschi i rossi. Il raffronto è fra i due indici di riferimento delle rispettive Borse, per noi il Ftse Mib, e per i tedeschi il Dax, il periodo di tempo considerato va dal 1998 ad oggi.
Una doverosa precisazione preliminare, visto che il Ftse Mib si calcola solo dal primo giugno 2003 per il periodo precedente lo abbiamo “ricostruito”.
Il grafico è lì e dice tutto, ma ovviamente occorre fare delle considerazioni. Il tasso di cambio fra le varie monete nazionali e l’euro (per la nostra lira 1.936,27) entra in vigore il primo gennaio del 1999, da quel momento tutti i pagamenti non-fisici vengono effettuati in euro, monete e banconote della divisa unica, invece, cominceranno a circolare dal primo gennaio del 2002.
Ed ora cominciamo ad analizzare il grafico, partendo da quanto accaduto prima del 1998. La nostra economia viene da anni veramente eccezionali, dalla svalutazione della lira, avvenuta nel settembre 1992 con la nostra uscita dallo Sme, infatti, la ritrovata competitività delle nostre imprese ha innescato un periodo straordinariamente virtuoso, in alcune regioni la disoccupazione è praticamente inesistente, le esportazioni registrano un vero boom e le Banche fanno a gara per finanziare il sistema produttivo.
La “grande malata”, invece, per quasi tutti gli anni ’90 è proprio la Germania che, alle grandi difficoltà di una industria troppo “pesante” (allora si diceva che “piccolo è bello”), doveva sommare i costi della riunificazione.
Ed allora vediamo che nel ’98 e ’99 il nostro indice sovraperforma quello tedesco, poi, nel 2000, arriva la crisi, questo è il primo punto focale.
Innanzitutto va ribadito che la crisi arriva nel 2000, con lo scoppio della bolla internet, molti invece la collocano con l’abbattimento delle torri gemelle, non è così, nel settembre 2001 la crisi mordeva già da un anno ed in alcuni Paesi, come la Germania, anche da 18 mesi.
Noi, più o meno, “resistiamo” fino al novembre del 2000, poi dobbiamo cedere ed iniziamo la discesa, così come tutte le Borse mondiali, il crollo durerà fino al marzo del 2003. Ma anche nella discesa ci comportiamo più o meno come i tedeschi e manteniamo il vantaggio che avevamo accumulato negli anni precedenti.
Da quel momento, però, le parti si invertono, da un lato la Germania comincia a beneficiare delle riforme fatte negli anni precedenti, ma soprattutto quando termina la crisi noi avremmo avuto bisogno di nuova energia per ripartire, ma ci manca il carburante.
Da un lato, infatti, gli accordi di Maastrich non ci permettono più di aumentare la spesa pubblica, ma soprattutto non possiamo più ricorrere alla svalutazione della nostra moneta visto che ormai nelle nostre tasche abbiamo l’euro ed il cambio è inamovibile.
Nel 2003 riparte così l’economia in tutto il mondo, ed anche la nostra, ovviamente ne beneficia, ma ormai abbiamo un motore “imballato”, i tedeschi viaggiano ad un’altra velocità. Il nostro vantaggio diminuisce anno dopo anno, 2004, 2005, ma soprattutto 2006 ed eccoci al fatidico 2007.
Attenzione perché siamo ad un altro punto focale, così come la debolezza della Germania nel 2000 aveva fatto sì che fosse il suo indice ad iniziare il crollo alle prime avvisaglie della crisi, così nel 2007, la nostra Borsa, che già arrancava, è la prima a cedere.
Il celeberrimo scoppio della bolla legata ai mutui subprime è dell’ottobre 2007, ma il nostro indice principale aveva cominciato a scendere già a maggio, quando in Italia, il termine “subprime” è ancora assolutamente sconosciuto, ma è chiaro che quando viene a mancare l’ossigeno i primi a subirne le conseguenze sono coloro che hanno già problemi respiratori, e così la discesa, per noi, assume i connotati della disfatta.
A maggio del 2007 stavamo guadagnando l’80% rispetto all’inizio del 1998 e ci ritroviamo, meno di due anni dopo, a marzo del 2009, a perdere il 50%, sempre rispetto all’inizio del 1998, uno choc!
Marzo del 2009, le Borse riprendono in tutto il mondo, ed anche la nostra, ma ormai il nostro destino è segnato, il motore è “imballato”, anzi di più, c’è “sabbia nel carburatore”.
La nostra ripresa è più asfittica e dura solo sei mesi, in Germania, invece, è molto più vigorosa e dura oltre due anni.
Siamo arrivati così alla mazzata finale (almeno fino ad oggi), siamo nel 2011 e la ripresa subisce uno stop, per noi è la fine, il nostro indice si inabissa addirittura al di sotto dei livelli toccati nel marzo 2009, niente di simile si registra da altre parti.
Il motivo? Sempre quello!
Abbiamo sempre bisogno di carburante.
Maggiore spesa pubblica? Impossibile! Ormai il nostro debito ha superato il 130% del Pil e l’Europa ci impone il rigore, ma soprattutto ci manca, oggi più che mai, una moneta che rappresenti realmente lo stato della nostra economia.
In pratica è come avere la casa che sta andando a pezzi ed essere costretti a spendere tutto ciò che si ha per tenere in ordine il giardino, per chi guarda da fuori sembra tutto bello poi, se si entra in casa, piove dentro, il pavimento si solleva da tutte le parti e le pareti sono piene di muffa e quasi completamente scrostate.
Cominciamo a riprendere dal luglio 2012, ma la Germania ha tutta un’altra velocità ed eccoci così al verdetto finale: DAL 1998 AD OGGI
La Borsa tedesca HA GUADAGNATO il 130%
La Borsa italiana HA PERSO IL 10%
Oggi, proprio in virtù di questi dati disastrosi si dice che il nostro Ftse Mib ha molti margini di miglioramento rispetto al Dax di Francoforte, certo, uno scolaro peggio è andato nel primo quadrimestre e maggiori margini di miglioramento ha nel secondo, ma se non migliora, o comunque non abbastanza? Cosa succede?
Uscendo dalla metafora, tutto, ma proprio tutto è legato alla tanto agognata ripresa economica, ma se non arrivasse? Anzi, visto che Germania e Stati Uniti sono sui massimi assoluti, se l’economia mondiale (leggi Cina) dovesse rallentare?
E’ evidente, ed il grafico da questo punto non lascia dubbi, che ad ogni crisi ne siamo usciti sempre con più ossa rotte, nel 2009 più che nel 2003 e nel 2012 più che nel 2009, allora siamo in grado di superare una ipotetica nuova crisi internazionale?
La mia risposta è … NO!
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro