I dipendenti pubblici, un problema che va affrontato
Ci sono notizie che compaiono sui giornali e che vengono date da tutte le reti televisive alle quali si stenta a credere, veramente si fa fatica a capire, e il dubbio che nella realtà siano “trovate” di un qualche burlone che si diverte a prendere in giro lettori ed i telespettatori è più che legittimo.
Prendete ad esempio la questione dell’ormai famoso “cambio generazionale” all’interno della Pubblica Amministrazione, cito questo solo perché recente, ma di notizie/burla ne troviamo a iosa su qualsiasi quotidiano nazionale.
Il caso è noto, il Ministro per la PA e Semplificazione, Marianna Madia, lancia una proposta: prepensionare 85.000 dipendenti pubblici ormai “attempati” e sostituirli con giovani.
L’idea può essere più o meno buona, infatti, se da un lato mandiamo in quiescenza persone assolutamente demotivate e altamente inefficienti, dall’altro le sostituiamo con giovani, auspicabilmente un po’ più intraprendenti e vogliosi di iniziare un’attività lavorativa.
A questo punto, parrebbe banale dire che tutto ciò ha un costo, ma sembra ovvio solo per le persone di buon senso, perché invece sulla questione (e quindi sul nulla) nasce una polemica che coinvolge “studiosi” ed “esperti della materia”.
E per dirimerla viene chiesto il parere addirittura alla Ragioneria Generale dello Stato (effettivamente se ogni tanto non chiediamo loro qualcosa questi che cazzo fanno?), che si mette a studiare il caso giungendo alla conclusione … udite, udite, di avere dei dubbi che l’operazione comporti un risparmio di spesa.
Mamma mia! Ma chissà che studi approfonditi hanno dovuto fare, ed in effetti questi dubbi sono stati esplicitati niente di meno che dal Capo dell’Ispettorato generale della divisione del Tesoro che si occupa di spesa previdenziale, tal Francesco Massicci, il quale addirittura in una audizione parlamentare ha sostenuto che l’operazione ha un costo, egli infatti ha testualmente detto, riporto il virgolettato a scanso di equivoci: “Nella misura in cui c’è il ricambio, ho di fatto una pensione in più e uno stipendio e poi c’è la questione importante della buonuscita”.
Lo so cari lettori che (come me) anche voi fate fatica a credere a quello che leggete, ma è la pura verità, guardate su tutti i giornali e documentatevi su internet, questo è quanto è stato detto durante l’audizione parlamentare.
Ora, secondo voi, è possibile che vengano incaricate delle persone (tra l’altro sempre profumatamente pagate) che mi vengano a dire che se ho da pagare uno stipendio + una pensione + un Tfr questo mi verrà a costare di più del dover pagare solo uno stipendio?
Ma pensate che in un Paese normale possa accadere questo?
E’ chiaro che la cosa da fare è mettere in quiescenza i dipendenti pubblici “in odore di pensione” ed assumere un nuovo giovane dipendente ogni quattro pensionati.
Dal punto di vista del servizio all’utente non cambia assolutamente niente perché tanto tre dipendenti pubblici su quattro non fanno nulla (tanto più se hanno una certa età), e si sa che la pensione “costa” allo Stato il 75% di uno stipendio, quindi quattro pensionati ed un dipendente costano in totale, pressappoco come quattro stipendi, ci sarebbe ancora il problema del Tfr, ma se lo stato fosse un’impresa privata avrebbe già dovuto accantonarlo.
Un’ultima cosa, al giovane dipendente pubblico assunto, però, occorrerebbe fargli capire che il suo è un posto di lavoro, non solo uno stipendio, e quindi non deve timbrare e poi andarsene al bar o per i fatti suoi come invece usano fare i quattro che sono stati prepensionati.
In questo caso, sul medio/lungo periodo, si riuscirebbe anche a migliorare la produttività per addetto che attualmente, nella Pubblica amministrazione è al livello del Burundi (o forse peggio).
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro