Il Quantitative easing di Draghi: facciamo il punto della situazione Parte Prima
Si torna a parlare del celebre “allentamento quantitativo” lanciato dal Presidente della Bce, Mario Draghi, soltanto lo scorso mese di marzo, poiché pare che non stia ottenendo gli effetti sperati.
Naturalmente da Francoforte si minimizzano gli scarsi risultati fin qui ottenuti, ma si avanza l’ipotesi di un suo “irrobustimento”, ci sembra quindi questo il momento per fare il punto della situazione basandoci essenzialmente sui fatti.
Allora, ricordiamo la genesi di questo Quantitative easing in salsa europea, se ne parlava già da diversi anni, ventilando l’ipotesi che la Bce potesse seguire le orme della Fed che fin dal 2009 aveva lanciato programmi di allentamento quantitativo a più riprese, terminandoli, apparentemente in modo definitivo, nell’ottobre dello scorso anno.
Ricordiamo sinteticamente di cosa stiamo parlando. Con il termine di Quantitative easing si intende l’acquisto sul mercato aperto, da parte di una Banca Centrale, di titoli, in particolare titoli di stato, tramite l’emissione di nuova moneta che va quindi al alimentare la liquidità sul mercato.
In parole povere si stampa nuova moneta e con questa si comprano titoli dello Stato.
Le Banche Centrali in questo modo aumentano il loro bilancio a dismisura. Solo per capire di quali cifre stiamo parlando, negli anni del Quantitative easing americano, la Federal Reserve, ossia la Banca Centrale statunitense, ha visto crescere il proprio bilancio da 870 miliardi di dollari a oltre 4.400 miliardi di dollari e nello stesso periodo il debito pubblico è praticamente raddoppiato, passando da poco più di 10 trilioni (migliaia di miliardi) a quasi 20 trilioni di dollari.
Insomma cifre da capogiro. E badate bene che tutta questa montagna di dollari, non è stata ritirata dalla circolazione perché si è concluso il programma di allentamento quantitativo, semplicemente non viene immessa altra liquidità, ma quella emessa in questi anni continua a rimanere nel mercato.
Per capirci, questi oltre 3.500 miliardi di dollari, che oserei definire “di plastica”, “fabbricati” dalla Fed dal 2009 ad oggi sono tutt’ora circolanti nel mondo.
Ma torniamo alla nostra Europa, e proseguiamo con il “racconto” che si fa sempre più avvincente.
Siamo nel luglio del 2012, le cose vanno male per l’Europa e la sua moneta, Draghi, a Londra per un convegno di poco conto, pronuncia le parole per le quali passerà alla storia: “Whatever it takes”, ossia “ a qualunque costo”.
Il Presidente della Bce, si riferisce alla “difesa dell’euro”, non nel senso della difesa del cambio rispetto alle altre valute, bensì proprio alla sua “sopravvivenza”, ossia Draghi dice che l’esperienza della moneta unica continuerà in ogni modo … “a qualunque costo”, appunto.
Figurativamente quindi, immaginatevi Draghi, messo in un angolo da scettici e miscredenti della moneta unica, imbracciare un bazooka e rivolgersi a loro dicendo “allontanatevi corvacci ed avvoltoi perché altrimenti faccio fuoco e vi faccio saltare tutti in aria, luridi speculatori”.
Come avviene sempre in questi casi, il dubbio che il bazooka fosse caricato a salve e quindi inoffensivo sfiorò molti di coloro che accerchiavano il Presidente della Bce, ma nessuno osò avere la riprova e quindi preferirono allontanarsi … non si sa mai.
I mercati finanziari festeggiarono alla grande il “whatever it takes”, facendo seguire alle parole di Draghi guadagni scoppiettanti ed iniziando un consistente trend rialzista.
Passano i mesi, e nelle sale operative cominciano a manifestarsi i primi dubbi sulla sincerità di Draghi, fra gli operatori si sentono sussurrare frasi del tipo: “Ma secondo te Draghi sta bluffando?” … “E il suo bazooka avrà davvero effetti devastanti?”.
Insomma le perplessità cominciavano a prendere piede e, poco alla volta questi corvacci e speculatori (naturalmente secondo la terminologia dei media di regime, ma nella realtà sono solo persone che hanno una visione di più lungo periodo), cominciano nuovamente a circondare il Presidente della Bce, e stavolta con maggiore spavalderia.
La verità di quel momento, oggi la sappiamo con certezza, è che il bazooka di Draghi era caricato a salve, quindi non avrebbe avuto alcun effetto, e non bastò, come era accaduto anni prima, minacciare di usarlo.
Il bazooka era un’arma inerme poiché l’unica in grado di fornire i “razzi” per farlo funzionare era la Germania che in quel momento si rifiutava di farlo.
Quando quindi Draghi fu completamente accerchiato e le sue minacce non ebbero più alcun effetto perché nessuno aveva paura di un bazooka caricato a salve, si sentì perso e naturalmente fece la sola cosa che poteva fare …
… andò dalla Merkel, ma soprattutto da Schauble e disse loro chiaramente: “Fuori c’è un’orda di barbari che vuole la mia pelle, o mi date i razzi per caricare il bazooka o di me fra poco rimarrà solo il ricordo, sappiate però che oggi sarò io a lasciarci le penne, ma domani toccherà a voi”.
Schauble chiamò al telefono Weidmann, il Presidente della Bundesbank, e dopo un breve colloquio prese dal proprio cassetto delle chiavi, aprì una porta blindata dietro la quale c’erano tenuti, in perfetto ordine, i razzi necessari per caricare il bazooka, quindi … li consegnò a Draghi.
Fine della Parte Prima
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro