Il Quantitative easing di Draghi: facciamo il punto della situazione – Parte Seconda
Ottenute dalla Germania le “munizioni” per sparare con il suo bazooka, Mario Draghi torna spavaldo ad affrontare gli scettici ed i miscredenti dell’euro.
Naturalmente con il termine di “munizioni” intendiamo l’autorizzazione a stampare moneta da impiegare nell’operazione di Quantitative easing, ossia nell’acquisto di titoli dello Stato da parte della Bce.
A quel punto, l’attenzione si focalizzava principalmente su un punto: quante erano queste “munizioni”, o, in altre parole, qual era l’ammontare di Quantitative easing che la Germania aveva autorizzato?
Naturalmente cominciavano le illazioni, la cifra non era un aspetto secondario, se io so che il mio avversario ha tre cartucce è un conto, se so che ne ha tremila è un altro.
Ed allora è cominciato un toto-quantitative easing che per alcuni giorni ha tenuto banco in tutti gli ambienti economici, i più cauti ipotizzavano un intervento per complessivi 300 miliardi di euro, quelli più spregiudicati si sbilanciavano fino a 5/600 miliardi di euro.
L’appuntamento per l’annuncio ufficiale era fissato per il 22 gennaio a margine della riunione della Bce, nelle ore immediatamente precedenti la conferenza stampa di Draghi si spargevano le voci più disparate: per alcuni la Germania avrebbe fatto un passo indietro, mentre per altri ci si sarebbe spinti fino a 800 miliardi di euro. Non rimaneva altro che attendere qualche ora ed ecco che nella sala gremita da giornalisti di tutto il mondo si presenta Mario Draghi che annuncia:
60 miliardi per 19 mesi. Totale 1.140 miliardi di euro
BOOOOOOOOMMMM!!!!
Molto di più di quanto previsto, era una cifra che nessuno aveva ritenuto si potesse raggiungere. Ma allora la Germania aveva calato completamente le braghe?
Non proprio!
Tutti dimenticano, infatti, che, dopo aver annunciato la cifra, Mario Draghi ha fatto anche una precisazione non di poco conto.
Quei 1.140 miliardi di euro NON sono garantiti dall’Europa, o meglio sono garantiti solo per il 20% dall’Europa, per il resto, ossia ben l’80% del totale, sono le singole Banche Centrali nazionali a garantire, in pratica i singoli Stati nazionali.
E’ una clausola che, subito dopo esser stata annunciata, è scomparsa dai media nazionali ed internazionali, ma non è di poco conto. Ovviamente fra le domande poste dai giornalisti al Presidente della Bce non è mancata quella riguardante la “garanzia” degli Stati nazionali e Draghi, attendendosela, ha risposto nella maniera più burocratica possibile, lasciandola “scivolare via” come fosse una cosa di poco conto.
A marzo, quindi, si parte con i primi 60 miliardi.
I dati economici dell’eurozona dopo la prima iniezione di liquidità non sono stati confortanti,ma … si è appena partiti … dai … mica si possono attendere miracoli, sono stati spesi solo i primi 60 miliardi ce ne sono ancora 1.080, un po’ di pazienza … signori!
Ad aprile non si vedono grandi miglioramenti, ma … cosa volete … siamo appena partiti…
Ma non cambia nulla neppure a maggio e giugno.
O meglio (altrimenti mi danno sempre del catastrofista), è ovvio che da questa operazione ne hanno un maggior beneficio i Paesi più in crisi e con un alto debito (ve ne viene in mente qualcuno?), ma sono benefici davvero risibili che nel complesso dell’eurozona praticamente sparisco o sono impercettibili.
A giugno, non vedendo segnali positivi dall’economia dell’eurozona, Draghi comincia ad essere in difficoltà, se la parola d’ordine, cioè: “Attendete e vedrete i risultati”, poteva avere un senso a marzo, aprile e mettiamoci anche maggio, beh a giugno cominciava a non bastare ed allora si inventa la prima “variazione” al Qe. Dato che luglio e agosto, per ovvi motivi, sono mesi in cui si abbassano i volumi, preferisce “abbondare” un po’ di più a giugno, così … insomma … si prende avanti.
Ma passa giugno ed anche luglio ed agosto, e la situazione non migliora, Pil dell’eurozona inferiore alle attese e inflazione che non si muove … anzi diminuisce tendendo a diventare negativa.
Oddio con il quantitative easing addirittura la deflazione?!?!? Che naturalmente cambia nome e diventa disinflazione (che invece significherebbe riduzione del tasso di inflazione). Sì insomma non perdiamoci nella terminologia che usano i media e serve solo a fare confusione, la domanda da porsi è questa:
SE CON L’IMMISSIONE DI NUOVA LIQUIDITA’ PER 60 MILIARDI OGNI MESE, ABBIAMO RISCHI DEFLATTIVI, COSA SAREBBE ACCADUTO SE NON SI FOSSE PROCEDUTO CON IL QUANTITATIVE EASING???
La prima risposta, diciamo scontata, è: sarebbe stato un disastro. Avremmo oggi una recessione spaventosa nell’eurozona, una crisi senza precedenti.
Certo, questa è la prima e più scontata risposta, e pare non ce ne sia una seconda … a meno che … a meno che … non si arrivi a pensare che …
… CHE IL QUANTITATIVE EASING NON SERVE A NULLA!!!
Può essere una risposta sconvolgente, ma perché escluderla? Solo perché da sempre è una tesi che viene sostenuta da siti internet di nicchia come Finanza In Chiaro?
Certamente la esclude Draghi (figuriamoci! Sarebbe il suo più grande sputtanamento!) che ha un’opinione chiara sul perché il quantitative easing finora non ha funzionato …
… PERCHE’ 60 MILIARDI SONO TROPPO POCHI, QUINDI BISOGNA FARE DI PIU’ E 19 MESI SONO TROPPO POCHI, E QUINDI BISOGNA FARE DI PIU’ …
Ed allora ecco che di questi giorni i nostri giornali annunciano in pompa magna che bisogna aumentare e prolungare il Qe, anzi, dato che dopo sei mesi “cambiare” equivale ad ammettere un fallimento, allora si usano i termini della burocrazia: il Quantitative easing va … ricalibrato.
Ok ricalibriamolo, però, cari lettori, non dimenticate mai che per l’80% lo stiamo garantendo noi, e sempre a noi presenteranno il conto del fallimento!
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro