L'odio di Napolitano verso Rodotà. Ecco la verità
Torniamo a poco più di vent’anni fa, per la precisione al 5 e 6 aprile del 1992, in Italia si tengono delle elezioni politiche che possiamo definire “storiche”, la Lega ottiene un buon risultato, il Partito Socialista perde consensi, la Democrazia Cristiana per la prima volta nella sua storia termina sotto il 30%, ma soprattutto sono le prime elezioni in cui non c’è più il Partito Comunista che, sotto la segreteria Occhetto, è diventato Partito Democratico della Sinistra.
Il Presidente del Partito Democratico della Sinistra (PDS) è un giurista molto noto e stimato: il suo nome è Stefano Rodotà.
Rodotà nella precedente legislatura era Vice-Presidente della Camera e dopo le elezioni del ’92 è considerato da tutti il candidato “naturale” per la presidenza della Camera dei Deputati, terza più importante carica istituzionale, nessuno mette in dubbio che sarà lui a ricoprire quel ruolo nella nuova legislatura.
Siamo all’inizio di Tangentopoli e sulla dirittura morale di Stefano Rodotà nessuno ha alcun dubbio, per cui egli risulta il candidato ideale e sembra senza rivali.
Ma ecco che accade “l’imprevedibile”, ecco L’INCIUCIONE la madre (o il padre) di tutti gli inciuci.
Il Pds si accorda con la Dc e candida Giorgio Napolitano (che fa parte dell’ala “migliorista” del partito) al posto di Stefano Rodotà.
Per il Presidente Rodotà è un affronto umiliante, e, vista l’assoluta serietà della persona non ci pensa un attimo e lascia tutte le cariche all’interno del Partito.
Come riportato dal quotidiano La Stampa del 3 giugno 1992, che pubblichiamo, Napolitano, definito più di vent’anni fa dal giornale torinese “l’anziano leader dei miglioristi” (se era anziano allora oggi come lo dovrebbero definire?), arriva addirittura a “commuoversi” per la candidatura, mentre il mite professore (Rodotà ndr) lascia le prestigiose cariche umiliato ed offeso.
Ora diventa più chiaro a tutti il perché Stefano Rodotà sia stato scelto da Grillo come candidato del suo Movimento alla Presidenza della Repubblica, e soprattutto come mai il PD, nonostante i reiterati appelli del capo del M5S non abbia mai risposto alla domanda che tutti si ponevano: “perché non votate per Rodotà?”.
Ma è ancor più chiaro, così, perché Napolitano, nonostante i continui e ripetuti “NO” in risposta ad una sua possibile ricandidatura, posto di fronte alla scelta se farsi rieleggere oppure cedere il posto al “nemico giurato” abbia cambiato idea ed optato per la prima ipotesi.
So perfettamente carissimi lettori, che vi attendete la “morale” conclusiva che non può essere altra che questa, la storia ci ha insegnato, da Stalin a Trotsky, che, per i “veri” comunisti, il “nemico” non va mai cercato tra gli avversari politici, ma all’interno del “partito”.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro