Ma l'Italia è ancora una democrazia?
Dopo una tornata elettorale come quella che si è appena svolta in Italia e che ha riguardato circa sette milioni di elettori chiamati a rinnovare i consigli comunali di diverse importanti città a partire proprio dalla Capitale, come di consueto si sono espressi in analisi “approfondite” i più popolari opinionisti e commentatori politici.
I quali si sono lanciati nelle più ardite ed improbabili disamine sugli esiti elettorali, cercando di spiegare perché alcuni partiti hanno retto meglio di altri, come se ciò avesse una effettiva ricaduta sulla qualità di vita dei cittadini.
Non c’è però da stupirsi, anche loro hanno la necessità di giustificare gli stipendi che percepiscono, naturalmente, quindi, qualcosa la devono pur dire, anche se solo aria fritta, inscatolata e infiocchettata.
Mi chiederete allora, ma se non c’era nulla da dire, mica è colpa loro. Eh no, perché queste elezioni, da un certo punto di vista, hanno mandato un preoccupante segnale di pericolo, ignorato da tutti, … ed in gioco è nientedimeno che la nostra democrazia.
Certo lo so che qualcuno mi dirà che sono un ingenuo e che la nostra democrazia non è in pericolo, semplicemente per il fatto che non è mai esistita, ma lasciatemi per un attimo l’illusione di aver vissuto in uno Stato democratico, almeno finora.
L’allarme per la democrazia non è arrivato dopo lo spoglio delle schede, ma subito alla chiusura dei seggi, mi sto riferendo al dato sull’affluenza alle urne.
Ohhhh mi direte ma come posso dire “ignorato da tutti” se non si è fatto altro che parlare di questa astensione dal voto degli italiani.
Semplice, perché di questa astensione si è parlato in maniera superficiale senza sottolineare l’aspetto più importante e, come detto “preoccupante”.
Innanzitutto occorre, almeno parzialmente, ridimensionare il fenomeno, nella passata tornata (nel 2008) le elezioni amministrative erano coincise con quelle politiche che, come ovvio, portano al voto il maggior numero di elettori, la caduta anticipata del Governo Monti, invece, ha fatto sì che stavolta le due consultazioni si svolgessero a distanza di alcuni mesi.
Per questo motivo non mi sembra corretto confrontare i dati sull’affluenza alle urne fra le due ultime consultazioni, ma, detto questo, obiettivamente l’astensionismo è stato “forte” e sapere che, ad esempio, un cittadino romano su due non è andato al voto è un dato sul quale dover fare una seria riflessione.
Ma, come avrete capito, ciò che è assolutamente mancata è una analisi seria sulla distribuzione del “fenomeno” dell’astensione, perché quando andiamo a disaggregare i dati, ebbene, emergono delle “singolarità” davvero inquietanti.
Questa disaffezione al voto non è stata omogenea al punto che è accaduto un fatto che non era mai accaduto nel nostro Paese in nessuna tornata elettorale, dal dopoguerra ad oggi. Per la prima volta in assoluto:
Si è votato di più al Sud che non al Nord!!!
Ora le motivazioni per cui in Italia, IN QUALUNQUE TIPOLOGIA DI ELEZIONI, COMPRESI I REFERENDUM, nelle regioni del Nord l’affluenza alle urne è sempre stata maggiore rispetto al Sud sono ovvie e scontate.
Diciamo solo, banalmente, che sono molte di più le persone del nostro meridione che, per motivi di lavoro, hanno dovuto “spostarsi”, spesso emigrare, e che non hanno certo la voglia, o anche la possibilità, di sobbarcarsi un massacrante viaggio solo per “espletare il proprio dovere di elettore”.
Ma questo è solo un esempio, le cause per cui la percentuale dei votanti è SEMPRE stata più bassa al Sud sono molteplici, scontate ed evidenti a tutti, per cui è persino inutile stare ad elencarle.
Ed allora, mi chiedo, ma quale rivoluzione copernicana è mai accaduta in Italia da far sì, ad esempio, che in Emilia Romagna, da sempre la regione italiana nella quale maggiore è stata l’affluenza alle urne, in questa tornata elettorale abbia votato il 61,80% degli aventi diritto ed in Campania, che da sempre è stata una delle regione con il più alto tasso di astensionismo, invece abbia votato il 74,41%????????
Solo una coincidenza?
Assolutamente no!
Perché una percentuale di votanti superiore a quella dell’Emilia Romagna si è avuta anche in Puglia (71,92%), in Abruzzo (69,64%), in Sardegna (69,03%) e persino nella martoriata Calabria (63,77%).
Singolare, vero?
Ma poi c’è un’altra curiosità da evidenziare: il dato dell’affluenza alle urne nella giornata di lunedì.
Eh sì, perché nelle regioni meridionali c’è stato un vero boom di elettori che si è recato alle urne nella giornata di lunedì, che tradizionalmente è quasi disertata dagli elettori.
Capiamo che il dramma della disoccupazione colpisce molto di più le regioni meridionali per cui diverse persone, malgrado loro, hanno utilizzato la giornata feriale per recarsi ai seggi, ma la “particolarità” lascia parecchi dubbi ed interrogativi.
Che nella sola mattinata di lunedì (visto che le urne vengono chiuse alle ore 15:00) si sia recato a votare il 23% dei cittadini campani lascia molte perplessità.
Non ho visto in Tv immagini di file chilometriche ai seggi che so, solo per fare un esempio, di Somma Vesuviana (83,19% di affluenza alle urne!!! Una percentuale bulgara).
E poi avete sentito per caso questi famosi notisti politici fare analisi su questi dati, perlomeno singolari?
Personalmente ho sentito solo a Striscia la Notizia il buon Ficarra commentare laconicamente questo dato con uno sferzante “cosa non si fa per venti euro”.
D’altronde proprio Sigmund Freud diceva: “Scherzando si può dire tutto … anche la verità”.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro