Pietro Marzotto fa un bel complimento alla Moretti: “una donna con le palle!”
Certo l’arguzia non è mai stata la maggior virtù di Pietro Marzotto, l’esempio più eclatante di come un titolo nobiliare (ha ereditato l’appellativo di Conte attribuito al padre Gaetano) non basti per tramutare uno zotico in un signore, non pensavamo neppure, però, che l’ex Presidente dell’omonima ditta fosse scaduto a livelli così bassi, probabilmente l’età comincia a giocare brutti scherzi.
Il bello è che risulta inutile persino cercare di spiegarglielo, non penso che riesca a comprendere che nel definire la Moretti “una donna con le palle” non le si fa un complimento, bensì suona come un’offesa.
Donne, come ad esempio la nostra Presidentessa della Camera, Laura Boldrini, ma anche la candidata del Pd per la Presidenza della regione Veneto, Alessandra Moretti, che giustamente (almeno sotto certi punti di vista) rivendicano con orgoglio la parità di genere, non possono certo ritenere quell’espressione un complimento.
Caro Conte Pietro Marzotto, vorrei informarla che dire ad una donna, impegnata in una competizione elettorale, che “ha le palle” è forse la peggiore delle offese. E’, infatti, inequivocabilmente un’espressione estremamente maschilista, per non dire razzista, in quanto equivale a ritenere che una donna non sia in grado di ricoprire importanti incarichi di carattere politico/istituzionale se non in possesso di “attributi maschili”.
Proprio lei, Conte Marzotto, mi cade in una così colossale gaffe. Lei che un anno fa aveva sentito l’esigenza di voler autosospendersi dall’Ordine dei Cavalieri del Lavoro (altro titolo in suo possesso) se non fosse stato revocato il cavalierato a Silvio Berlusconi, considerandolo indegno di essere insignito di una simile onorificenza.
Strano che non avesse sentito la stessa esigenza quando è stato imputato di reati gravissimi per i quali il PM aveva richiesto per lei sei anni di carcere, in qualità di Presidente dal 1988 al 1998 della cosiddetta “fabbrica dei veleni”, la Marlane Marzotto di Praia a Mare (Cosenza), nella quale hanno perso la vita 107 operai stroncati da malattie “professionali” che non lasciano scampo, contratte per essere stati giornalmente a contatto con sostanze cancerogene soprattutto nel reparto tintoria (che non era neppure “chiuso” ed i cui fumi quindi invadevano tutta la fabbrica).
Ah, certo, il 19 dicembre scorso lei, dopo una tiritera infinita, naturalmente per le lungaggini dovute ai suoi legali che hanno utilizzato tutti i cavilli possibili per intralciare il corso della giustizia, in primo grado, così come tutti gli altri imputati, è stato assolto.
Certo, assolto dopo che 200 parti civili si erano ritirate in cambio di un “risarcimento” di 30.000 euro ciascuno, prendere o lasciare, e molte di quelle persone hanno poi raccontato, fra le lacrime, di aver accettato quei soldi “mettendo la loro dignità sotto i piedi” in quanto l’alternativa era come minimo altri 10 anni di processo senza “avere davanti una speranza di vita così lunga”.
Ah, un’ultima cosa, a beneficio dei lettori, che naturalmente di questi fatti non sono stati informati quasi per nulla dalla tv pubblica e tanto meno dai giornali nazionali, aggiungo che sempre lo scorso anno, per agevolare l’occupazione in zone del Paese già così penalizzate, il vostro “Gruppo” ha pensato bene di chiudere e vendere “la fabbrica dei veleni”, trasferendo la produzione nella Repubblica Ceca, “l’acquirente”, poi, ha pensato bene di “bonificare” l’intera area facendo dei bei falò, estremamente salutari per tutta la popolazione che risiede nelle vicinanze.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro