Renzi salvato dai peones
Il termine “Peones” (in spagnolo letteralmente “pedoni”) veniva utilizzato nell’America Latina per identificare i braccianti agricoli meno qualificati, solitamente costretti a lavori umili e precari.
Il nostro giornalismo politico aveva ripreso il termine per identificare quei deputati che non partecipano alle riunioni del “gruppo dirigente” del partito, e quindi non possono influire sulle scelte della linea politica, ma sono tenuti ad assecondarle con il proprio voto.
In cambio della loro “fedeltà” i peones hanno comunque privilegi e prebende che la politica, perlomeno negli anni scorsi, ha sempre profuso a piene mani.
Possiamo così dire che i peones della politica, così come gli umili braccianti agricoli, vengono “ricattati” dai loro “padroni”, in pratica è come se gli venisse detto “Non fai quello che ti diciamo noi? Guarda che hai più tu da perdere, perché se salta tutto sarai tu a pagarne maggiormente le conseguenze”.
Il maggior contenimento dei privilegi politici, che indubbiamente c’è stato in questi ultimi anni, ha avuto un maggior impatto proprio sui “Peones”, costretti ora ad essere ancor più “fedeli” in quanto maggiormente “ricattabili”.
Ma se per il bracciante agricolo la posta in gioco è molto elevata, poiché si tratta di portare a casa il pane per sé ed i propri figli, per il politico non va sottovalutato un aspetto forse ancor più importante, qui infatti entra in ballo la dignità umana.
Ai politici fa certo comodo una “poltrona”, ma sono persone che comunque non morirebbero di fame se non fossero seduti in Parlamento, per questo dico che in gioco c’è la loro “dignità”, fino a che punto è disposto a sottomettersi un “Peones” della politica per salvare il proprio posto?
E’ stato quindi uno spettacolo penoso vedere cinquanta persone, i “Peones” della minoranza Dem del Pd, abbassare la testa (e qualcuno dice anche i pantaloni), e dopo aver tuonato contro la decisione del Segretario del Partito di chiedere la fiducia per far passare una nuova legge elettorale (da molti paragonata alla legge truffa), pronunciare il loro “Sì”.
E’ stato penoso vedere questi “poveracci”, metaforicamente parlando, prostrarsi (non voglio utilizzare “immagini” ancor più umilianti), ma non si può nemmeno sorvolare sull’altro “attore” della vicenda, ossia chi chiede loro di prostrarsi, chi chiede loro un atto di genuflessione, in altre parole chi li umilia.
A mio parere quindi Renzi non ha fatto un “atto di forza”, bensì un “atto di arroganza e prepotenza” nei confronti dei propri sudditi. Ed allora sarà bene, anche in futuro, non dimenticarlo.
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro