Renzi sputtanato dall’Istat: pressione fiscale al 50,3% … e gli altri dati sono ancora peggiori
Nel quarto trimestre del 2014 la pressione fiscale ha raggiunto il livello iperbolico del 50,3%. Questo è il dato ufficiale, quello che l’Istat, il nostro Istituto Centrale di Statistica, ha inviato ad Eurostat, ossia l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea.
La pressione fiscale è data dal rapporto fra il gettito fiscale ed il Pil, e per l’intero 2014 si è attestata al 43,5% risultando così superiore a quella dell’anno precedente (43,4%).
Ora però sarebbe giusto pretendere che Renzi la smetta una volta per sempre di prendere in giro gli italiani sbandierando ai quattro venti che il suo Governo ha ridotto le tasse. Speriamo davvero che abbia il buongusto di non continuare a prendere per i fondelli il popolo più tartassato al mondo.
Se vogliamo, poi, la notizia che in Italia lo scorso anno le tasse sono aumentate è una “non notizia”, ossia una cosa risaputa, gli italiani non avevano bisogno che arrivasse l’Istat ad attestare ciò che ognuno di noi sapeva perfettamente, nessuno, infatti, ha visto scomparire o diminuire una qualsiasi imposta, anzi gli aumenti sono stati talmente pesanti da far sorgere il dubbio che l’Istat abbia notevolmente sottostimato il dato.
Non voglio mettere in dubbio i dati dell’Istituto di Statistica, ma i salassi che abbiamo subito lo scorso anno sono stati tali che l’aumento di un solo decimo di punto percentuale della pressione fiscale mi sembra davvero un’inezia.
Ma, se vogliamo, la notizia che nel 2014 la pressione fiscale è aumentata dello 0,1% è la migliore fra quelle comunicate dall’Istat.
L’Istituto di Statistica, infatti, ci ha anche detto che il deficit si è attestato al 3%, cioè è salito di un decimo di punto rispetto all’ultima rilevazione, è vero che Francia e Spagna hanno sforato molto più di quanto abbiamo fatto noi, ma con il “mal comune mezzo gaudio” non si va da nessuna parte.
Non si può andar fieri per avere aumentato (aumentato, non diminuito!) il nostro debito “soltanto” al “massimo livello che ci aveva permesso l’Europa”. In altre parole è come se avessi dato 50 euro a mio figlio che usciva la sera con i suoi amici ed il giorno dopo sentirmi dire con entusiasmo “Papà, papà, ieri sera ho speso solo 50 euro, neanche un euro in più!”. Certo, di più non potevi!!! Capisco se mi avesse detto “Papà, papà, ho speso solo venti euro e ne ho risparmiati trenta”, ma dove sta il merito nell’aver speso tutti i cinquanta euro? Di cosa vantarsi o compiacersi?
Il dato peggiore, però, è quello meno evidenziato dai media nazionali, ed ossia la cosiddetta “quota dei profitti”, scesa allo 0,46% il livello più basso dal 1995. Beh! Qualcuno penserà, se è il dato peggiore dal 1995 significa che prima di quell’anno stavamo ancora peggio. NO!!! Prima del 1995 quell’indicatore NON VENIVA CALCOLATO!!! Siamo al MINIMO STORICO!!!
Magari, poi, in un Paese cattocomunista come l’Italia, c’è addirittura chi festeggia per la diminuzione dei profitti, siamo anche autolesionisti, più diventiamo poveri e più abbiamo occasioni per commiserarci.
La verità, purtroppo, è che uno Stato nel quale chi lavora per 12/13 ore al giorno NON fa profitti … è destinato a fallire!
Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro