Un paio di riflessioni su Intesa Sanpaolo ed il comparto bancario

Un paio di riflessioni su Intesa Sanpaolo ed il comparto bancario

I lettori mi inviano spesso delle mail sollecitando una mia opinione su argomenti che sono senza dubbio di interesse generale. Decido quindi, talvolta, di rendere pubblica anche la mia risposta. E’ il caso delle riflessioni che mi chiede il Sig. Varriale, il quale nota correttamente che nel mio commento alla chiusura di venerdì scorso a Piazza Affari, non ho speso una sola parola per la trimestrale di Intesa Sanpaolo.

Naturalmente il lettore ha totalmente ragione, la mia, però, più che una dimenticanza, era una voluta omissione, avevo infatti difficoltà nel giustificare una tale reazione del mercato (-1,47%) a dati che obiettivamente sono stati considerati da tutti migliori delle attese.

A volte, in casi come questo, sospendo il giudizio, spesso infatti il mercati hanno una reazione “a caldo” che poi correggono nelle sedute successive e quindi io stesso voglio capire se il tempo andrà a modificare una risposta affrettata e superficiale oppure se occorre “leggere” qualcosa che i freddi numeri non dicono.

Sollecitato però sull’argomento non posso sottrarmi a valutazioni sull’attuale situazione del titolo e, più in generale, del comparto bancario.

Partiamo quindi dalla cortese mail del lettore:

Egregio dott. Marcotti,

Lei è sempre così puntuale e penetrante nelle Sue analisi, eppure oggi nel Suo commento di chiusura, passando in rassegna le performances dei vari titoli bancari, non ha ritenuto di spendere una parola sul titolo Intesa Sanpaolo, laddove sarebbe stato interessante avere un Suo giudizio sull’andamento davvero sconcertante di un titolo che, a dispetto peraltro di una trimestrale superiore alle attese (che ha letteralmente spiazzato il mercato), continua a sottoperformare, del tutto incurante dei più che positivi giudizi che continuano ad essere espressi sul titolo dalla comunità finanziaria.

Le sarei grato se potesse esprimere la Sua opinione a questo riguardo.

Distinti saluti.

VincenzoVarriale

La prima, banale, considerazione che si può fare è che la seduta di venerdì scorso è stata sostanzialmente negativa per il comparto bancario e sappiamo tutti che se un settore è preso di mira non si fanno troppe distinzioni fra i vari titoli che lo compongono.

A tal proposito mi preme sfatare l’idea che l’investitore medio ha del mercato borsistico. Le variazioni delle quotazioni dei diversi titoli sul mercato, contrariamente all’opinione comune, non sono la risultante degli acquisti e delle vendite eseguite da una miriade di piccoli risparmiatori, il “mercato” è pilotato dagli investitori istituzionali. I piccoli investitori quasi mai muovono il loro portafoglio, sono molto “stabili” nelle loro scelte.

E’ vero, tuttavia, che nella seduta alla quale facciamo riferimento alcuni titoli del settore (MPS, BpM, Banco Popolare) hanno fatto segnare ribassi molto più pesanti rispetto ad Intesa, mentre altri (Unicredit, Ubi Banca) hanno concluso le contrattazioni addirittura con un guadagno.

Va detto poi che Intesa Sanpaolo, il giorno precedente, forse proprio scontando le previsioni di una buona trimestrale, era andata in controtendenza guadagnando oltre un punto percentuale.

E veniamo ai dati di bilancio.

Nel terzo trimestre l’utile (628 milioni di euro) è risultato in calo del 30,3% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno (901 milioni di euro), ma complessivamente nei primi nove mesi dell’anno il calo, rispetto al 2015, è stato più contenuto (-14,3%). A parte ciò, tuttavia, solo buone notizie.

Cominciando dal fatto che la patrimonializzazione di Intesa rimane elevata, vengono ampiamente rispettati gli standard richiesti dalla Bce, ed è sceso l’ammontare dei crediti deteriorati visto che da inizio anno sono tornate in bonis 17.000 aziende. Il meglio poi arriva dall’outlook fornito dall’AD Carlo Messina che vede un 2016 complessivamente migliore rispetto al 2015 confermando l’impegno preso per la distribuzione di una cedole davvero generosa (3 miliardi di euro).

Sapete che non amo i dividendi azionari, ovviamente hanno un senso se ci riferiamo ad aziende che fanno parte di settori particolari (tipicamente le utilities), per quanto riguarda le Banche (ma ripeto è un’opinione personale) li eviterei. Certamente a livello psicologico annunciare la distribuzione di 3 miliardi di dividendi, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo, può avere un certo effetto, ritengo però che un’azienda deve “retribuire” i detentori del capitale cercando di incrementare il valore delle proprie azioni.

Comunque l’importante è fare utili e Banca Intesa concluderà il 2016 con un utile netto superiore ai 3 miliardi di euro, quindi il risultato è senza dubbio positivo.

Ma arriviamo al punto focale, il Sig. Varriale definisce l’andamento del titolo “sconcertante” sottolineando che “continua a sottoperformare”. Chiaramente intendendo nei confronti dell’indice principale della nostra Borsa, il Ftse Mib. Ebbene, personalmente potrebbe anche trovarmi concorde, ma il raffronto più significativo deve essere fatto all’interno del comparto di appartenenza.

Intesa Sanpaolo, assieme a Mediobanca, è di gran lunga il titolo del settore che da inizio anno sta facendo segnare le minori perdite (-30,9%), certamente gli azionisti non possono festeggiare, ma si deve inevitabilmente raffrontare questa performance con i ribassi avuti nel medesimo periodo da altri titoli del settore: Banca MPS (-82,9%), Banco Popolare (-75,2%), Ubi Banca (-61,6%), BpM (-58,2%), Bper (-43,2%) ed anche il raffronto con l’altra “Big”, ossia Unicredit (-57,1%) la vede dominatrice.

Stabilito così che in Italia Banca Intesa “non ha rivali” diamo uno sguardo anche al di fuori dei nostri confini, e raffrontiamo l’andamento del titolo da inizio anno con gli altri colossi europei del settore. Ovviamente in questo caso la situazione è più differenziata, ma la più grande Banca italiana comunque non sfigura.

In Germania sia Commerzbank (-35,9%) che Deutsche Bank (-45,7%) stan facendo segnare performances peggiori. In Gran Bretagna va meglio Barcklays (-17,3%), ma peggio Royal Bank of Scotland (-38,9%). In Svizzera bene UBS (-1,2%), male Credit Suisse (-44,0%). La Francia (difficile dire il perché) viaggia in controtendenza, limitano i ribassi Societe Generale (-12,0%) e Credit Agricole (-6,8%), mentre addirittura in territorio positivo si trova Bnp Paribas (+1,1%).

Il fatto, però, è che comunque stiamo parlando di un “annus horribilis” per il comparto in tutta Europa e non sarebbe stato facile per una Banca, come Intesa, che svolge principalmente la propria attività in uno Stato in forte crisi come l’Italia, avere una performance migliore.

Personalmente anch’io faccio fatica a pensare che l’azione possa valere meno di 2,5 euro, ma nel 2011 e 2012 abbiamo visto quotazioni del titolo inferiori ad 1 euro, e quel periodo non va dimenticato.

A tirar fuori Intesa, e tutti gli altri nostri titoli del comparto, da quelle sabbie mobili ci pensò Draghi, oggi però la Bce ha in corpo 173 miliardi di nostri titoli dello Stato e sembra che il banchiere Centrale abbia ricevuto veri e propri diktat dalla Bundesbank che non tollera più operazioni di Quantitative easing e tassi a zero ancora per lungo tempo.

In conclusione, quindi, come sempre la Borsa “guarda avanti”, e la situazione futura per il comparto bancario non è rosea, possiamo dire che la trimestrale di Intesa sia stata migliore rispetto alle attese, ma il dato di fatto incontrovertibile è che gli utili sono in contrazione e ciò può esser stato recepito come un campanello d’allarme. Fondamentale per capire gli sviluppi futuri saranno le decisioni intraprese dalla Banca Centrale, purtroppo infatti l’economia del nostro Paese difficilmente mostrerà a breve tassi di sviluppo che potranno indurre ad un maggior ottimismo per il comparto.

Giancarlo Marcotti per Finanza In Chiaro